lunedì 30 gennaio 2012

Tempesta solare

Da quando mi hanno rilasciata,  e concesso la “libera uscita”, non ho avuto più voglia di scrivere. Sono stata rapita dalla realtà, dai giorni che scorrono nel loro contorcersi veloci e intensi.
Quando si esce dall’ospedale dopo un ricovero, la vita riparte, come se fosse stata messa in pausa, ferma all’ultima immagine nell’attimo prima all’entrata. E’ sempre vita quella vissuta “dentro”, ma ha una sua densità particolare: le emozioni sono condensate, i sensi storditi, e il tempo scorre in base ai ritmi fisiologici e ai bisogni primari. Tutto sembra ridotto alla sua essenzialità in ospedale, non ci sono più fronzoli, accessori, ammenicoli, pizzi e contropizzi. Tu sei e basta.
Per questo credo che queste esperienze di isolamento forzato favoriscono il confrontarsi  con se stessi, certo non è facile, a volte è molto faticoso stare con se stessi e basta, non avere distrazioni, possibilità di proiettare sé su qualcun altro. Eh si! Abbiamo bisogno degli altri per vedere tanto di noi, sono indispensabili molto di più di quanto non crediamo. E’ un dono poter avere qualcuno con cui arrabbiarsi, litigare anche. Farlo con se stessi c’è da impazzire, per quanto poi io sia per la pace universale, credo profondamente anche nella guerra universale, se costruttiva.
Una volta uscita “fuori”, ecco allora che il disco che ho messo in pausa giorni prima, riparte.
La strana cosa che accade è che tutto sembra ripartire molto più velocemente, come se volesse recuperare il tempo in cui è stato messo in pausa. Ecco allora tutto che inizia a girare con una velocità improbabile, gli eventi iniziano a fagocitare tutto ciò che trovano.
Tutto si mischia, l’euforia comanda ed io eseguo. In quei giorni mi sento come in un coctkail di colori e sono  letteralmente inghiottita dal succedersi degli avvenimenti. Sono risalita sulla giostra ed ecco le luci, la musica, i colori. Tutto gira, e io giro e cambio colore. Ed ecco che mi voglio stancare fino al limite, esaurire ogni energia che ho in corpo perché è l’unico modo per sentirmi viva e pulsante. In quei giorni è importante per me rompere la barriera di consapevolezza e sentire cosa ha da dirmi la vita, al di là di quella pellicola che sembra proteggermi. Mi ritrovo così in tardissima serata, direi mattina quasi, dopo una festa e qualche bicchiere di vino, con in testa una parrucca rossa, a  limarmi lentamente le unghie in bagno,  ancora vestita ed ascoltare lo scorrere limpido ma anche totalizzante della vita.
Il tutto avviene in maniera consapevole, ho imparato come funziona il gioco e mi piace giocarci.
Sono giorni in cui sono così stanca che non sono stanca, la mia mente è vigile attenta, coglie ogni dettaglio che diventa importantissimo. Quel dettaglio è l’idea per ciò che avverrà dopo, diventa il punto di partenza di una nuova esplorazione.
La cosa bella è che ogni cosa si colora di nuovi colori,  diventa nuova lei stessa.
Forse anche io un po’ lo sono.
Mi piace osservare l’esplodere del nuovo, osservare tutto ciò che cambia così velocemente dentro e fuori di me. A volte mi sento come fuoco vivo, che arde e balla al ritmo di una musica silenziosa.
Il fuoco brucia tutto, trasforma ciò che è in un'altra cosa. La materia si trasforma, per poi ritrasformarsi ancora. Oggi possiamo osservare questo miracolo della natura tramite banalissimi cerini da cucina: la trovo una che delle tecnologie più miracolose.
Ho saputo che in questi giorni ci sono delle tempeste di sole incredibili, sono molti anni che non si verificavano. Le esplosioni di sole sono così violente che arrivano, eliminando satelliti e tutto ciò che trovano, fino all’atmosfera terreste, la oltrepassano e possono far saltare onde radio, interferire con il wireless, i navigatori, mandare in tilt la comunicazione terrestre. Un'altra caratteristica fondamentale è che le tempeste solari si manifestano ai poli con delle incredibili aurore boreali. Siamo protetti dall’atmosfera terrestre e gli esperti dicono che non può succedere nulla agli esseri umani. Ma io non ne sarei così sicura.
Quel fuoco, anch’esso trasforma ciò che trova. Elimina il superfluo, le connessioni, la radio, che a tanto parla per parlare, il navigatore che ha lobotomizzato un po’ tutti, il wireless..
Mi lascio così invadere da questo fuoco invisibile che arriva fino a dentro le mie viscere, che trasforma e avvolge tutto ciò che incontra. Fa saltare le connessioni, mi riavvicina all’essenziale.
Ho voglia di essenzialità, la esigo.
Voglio scegliere che tutto il superfluo come per magia cada, e riveli ciò che è esattamente sintonizzato con ciò che sento. Non aver più bisogno di inutili attrezzi di interferenza, nessun navigatore che mi dica cosa fare. Riconoscere la strada e sentirla. Adesso, qui, nuda di tutto ciò che non serve, veramente.
La strada è ancora lunga, c’è tanto da bruciare. Ma confido nelle tempeste di sole, nella mia amica buona sorte che osserva e dirige ogni cosa pur essendo bendata, o forse proprio per quello lo fa così bene, e nella vita che tesse i suoi fili per poi rivelare una trama sempre inaspettata.
Brucio e vado avanti, e osservo centinaia di aurore boreali in me.


Eruzione solare del 29 gennaio 2012.


#9
Ogni giorno, adoperiamoci per cercare qualcosa di
elevato e profondo da donare a noi stessi
e a chi ci sta intorno.
Questo è il vero nutrimento per l'anima.


Foto by Steve Mccurry- al Macro, testaccio, Roma. Ipnotica.

lunedì 23 gennaio 2012

La prova sociale

Spesso la gente crede una cosa solo perchè ci credono anche gli altri.
In psicologia questo si chiama "prova sociale". Ma la prova sociale non è sempre esatta.
Quando la gente è incerta su che cosa fare guarda gli altri per avere un orientamento.
Famoso l'esperimento chiamato influence riportato nel libro di Cialdini: qualcuno si mette a gridare: "Aiuto, allo stupro!". Due persone (che fanno parte della stessa messa in scena psicologica) continuano tranquillamente a passeggiare, ignorando le grida d'aiuto. Il soggetto dell'esperimento è incerto se rispondere all'appello ma, quando vede le altre due persone che si comportano come se niente fosse, pensa che quelle grida d'aiuto siano insignificanti e decide di ignorarle anche lui.

Usare la prova sociale è un modo sicuro per limitare la vostra vita: per comportarvi esattamente come tuti gli altri.
Considerate le cose nel contesto della vostra vita, guardate se hanno un senso per voi.
Osate ascoltarvi nel più profondo. Da qualche parte c'è una voce che vi dice esattamente che cosa fare.
Il successo si ottiene quando si ha la temerarietà di rompere gli schemi e seguiere quello che si crede. Nessuno può dirci cosa fare, niente può darci la conferma che stiamo agendo nel giusto.
A volte chiediamo consigli ad amici e parenti. Per quanto in buona fede essi possano consigliarci, ciò che ci dicono è sempre il prodotto della loro visione e delle loro proiezioni sul mondo.
Ascoltiamoci, abbiamo dentro di noi tutte le risposte.
E se proprio vogliamo, cerchiamo ispirazione dai "grandi".

Siamo quello che pensiamo. Tutto ciò che siamo nasce con i nostri pensieri.. Noi creiamo il nostro mondo - BUDDHA


  

domenica 22 gennaio 2012

Sabato sera

Mi affaccio alle finestre sulla città, dalle quali ogni giorno scruto ciò che accade e  mi sembra di intuire che sia proprio sabato sera. Sarà che riconosco quell’atmosfera respirata chissà quante volte, che seppur rarefatta riesce ad arrivare fin qui, fino al settimo piano di questo gigantesco galeone che stasera mi sembra più grande del solito.
E’ un aria in movimento, di attesa, di “facciamo quel che facciamo basta che facciamo”, il mettersi in fila per non arrivare mai, decidersi all’ultimo per poi ricambiare idea subito dopo, cercare parcheggio e non trovarlo. Il sabato sera a Roma, se capiti per sbaglio sul lungo Tevere, oppure sull’Ostiense oppure Testaccio, insomma in quei posti frequentati da quelli che io chiamo “i topi fuori dalla gabbia”, che si ritrovano tutti insieme fuori dalla gabbia nello stesso momento e non ci capiscono più nulla; maledici il momento in cui ha deciso di abbandonare il divano e quel film che ti interessava tanto che proprio stasera volevi vedere. Per fare cosa poi? Precipitarti fuori di casa, essere frullato nelle arterie pulsanti di una città che sembra non aver mai vissuto prima, che poi ti fagocita e ti risputa sempre nei soliti posti dove ti ritrovi con la solita gente, tu con la solita faccia ma sempre un po’ più stanca e annoiata.

E’ da un bel po’ che  non mi appartiene più questo sabato sera, un po’ perché ho deciso, un po’ perché no, ma nonostante questo sento ancora viva quella sensazione sulla pelle come il ricordo di una vecchia abitudine. Guardo attraverso la finestra e cerco uno spazio in lontananza dove far riposare questi pensieri, ed ecco che intravedo sul riflesso del vetro, alle mie spalle,  la porta che si apre e un sorriso che si affaccia accompagnato da un “E' qui la festa?. E’ venuta a trovarmi una mia amica,  la mia Amica, sono quasi 20 anni che ci conosciamo e sempre ci diciamo che faremo una gran festa quando sarà, ma nel frattempo ci festeggiamo ogni volta per prepararci.. giusto per non arrivare impreparate!

Con il suo stile inconfondibile sfila fuori da una busta di carta il perfetto kit da aperitivo che comprende: tartine di ricotta e crudo e due meravigliose bottigliette di prosecco “Maschio”, che io trovo geniale per il suo nome, sicuramente l’inventrice del nome sarà stata una donna e pure molto ironica.

Non siamo più in un galeone, improvvisamente siamo in una suite di un albergo di lusso, con vista sullo skyline delle città e stiamo sorseggiando prosecco fresco : tutto può in un secondo essere il contrario di tutto in questo magico luogo.

Eppure è quasi una settimana che sono qui dentro, ed ogni giorno è stato così differente, mutevole.

A volte mi sembra che la realtà sia li a prendersi gioco di me, ogni volta che mi trova convita di qualcosa, ecco che mescola le carte e nuovamente e mi sorprende.

Inafferrabile. Mi sono lasciata cullare  questi giorni da alternanze di stati d'animo , desideri e insofferenze, consapevolezze. L’altra sera mi sono ritrovata anche a parlare di Reiki e di vite passate con alcune infermiere e scoprire che qualcuno in ospedale si accende anche un incenso di nascosto quando tutti dormono ed io mi sono sentita così sollevata ed ho chiesto subito di avere una candela in camera.

Vivendo qui scopri giorno dopo giorno come si sono costruite le "routine". Settimane  dopo settimane, turni su turni di meccanico ripetere, e te ne rendi conto soltanto quando inizi anche tu a farne parte: ecco che però riesci ad andare oltre alle apparenze, a quelle facce spesso scocciate di infermieri e medici che in realtà sono soltanto annoiati anche loro di ripetere i soliti protocolli e non perché ce l’hanno con te (mai, dico mai, prendersi nulla sul personale regola fondamentale). 
Tutto è mutevole, il cibo in particolare sembra aver assorbito questa incredibile proprietà. Un giorno ti danno soletta per le scarpe, il giorno dopo cannelloni ripieni con ricotta e spinaci. E’ tutto fatto apposta per confonderti le idee, questo mi sembra oramai chiaro. Ed io mi affanno a volte a star dietro a questo cambiamento a volerlo controllare a modo mio, perché se mi rassegno mi sembra di perdere qualcosa. Allora ecco che apporto cambiamenti miei, imparo a staccarmi le flebo, nascondo le medicine, mi rifiuto di fare l’ennesima lastra, che poi in realtà tutto per sbattere un po’ i piedi per terra e cercare di movimentare la routine, uscire dal protocollo.

Stasera me lo voglio proprio godere questo prosecco in questa splendida suite a lume di candela, e brindare sulla città con la mia amica ed ascoltare le sue avventure che mi fanno sempre tanto sognare. “Chissà se mi fa male bere”, penso, ma dopotutto mi va e credo che sia tutta salute guadagnata ogni volta che assecondiamo una richiesta che viene dal cuore.

Da quassù Roma adesso sembra così lontana, senza confini, rilassata,  le luci brillano e non si sente nessun rumore di macchine.

Può ogni cosa cambiare così in fretta? Ogni pensiero portarmi prima da una parte per poi concedermi di vedere tutto l’opposto.. 

Dopotutto, continua a divertirmi, stupirmi e incuriosirmi questa “mutevolezza”.

Sorrido dentro di me, e poi alla mia fraterna amica: alziamo in alto i calici di “Maschio” e scoppiamo in una fragrante risata augurandoci, un estemporaneo ma azzeccatissimo : Buon Anno.









I maschi del sabato sera.




venerdì 20 gennaio 2012

Approposito di crisi

"Non pretendiamo che le cose cambino se
continuiamo a farle nello stesso modo. 
La crisi è la  miglior cosa che possa accadere a persone e interi
paesi perché è proprio la crisi a portare il
progresso.
 
La creatività nasce dall'ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. 
E‘ nella crisi che
nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso senza essere
superato. Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi
errori alla crisi, violenta il proprio talento e
rispetta più i problemi che le soluzioni.
La vera crisi è la crisi dell'incompetenza. 
Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel
trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è
routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. 
E‘ nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza. Parlare di crisi è creare movimento; adagiarsi su di essa vuol dire
esaltare il conformismo. Invece di questo, lavoriamo duro!
L'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla".
 
Albert Einstein 
 
Albert Einstein, sguardo sereno. La sa lunga lui.
 

U mari


Non c’è cosa simile alla grandezza del mare se non l’emozione che esso ti suscita.

E’ un emozione indescrivibile: sul mare la tua anima può finalmente volare: orizzonte liquido dove fondersi.

Stamattina i miei pensieri andavano cercando tra i ricordi di un mare in particolare, il mare della Sicilia. In questa terra meravigliosa, il mare  in alcuni punti è costellato da frammenti di terra, isole, che sembrano pietre preziose in un manto di velluto blu.

E’ proprio vero che i più grandi viaggi dell’anima si fanno in quattro mura, dove la mente non può essere distratta da ciò che c’è fuori e può vagare perdendosi in ricordi e immaginazione.

E’ un perdersi così denso, la realtà assume i tratti del sogno.

Lascio così vagare la mia mente, che  si perde e si ritrova su questo mare.

Immagino di camminare a piedi nudi sul lungo mare di un piccolo paese davanti alle isole Eolie.

Ho addosso ancora il sale della giornata di bagni, i capelli sono umidi e la sabbia disegna divertenti rivoli sulle mie gambe. Le isole si vedono in lontananza ed è quasi tramonto, il sole luccica i suoi ultimi raggi caldi, i più preziosi e intensi,  sull’acqua che li accoglie e li fa vibrare come frammenti d’oro e d’argento vivi.  Respiro, e nell’aria c’è già la frescura della notte che attende il suo turno.

Il cielo è uno sciogliersi di colori l’uno con l’altro,  i blu si fondono con i rossi ed ecco il viola, il giallo e l’arancione con il rosa e il bianco delle nuvole che si espandono, si contraggono, quasi partecipassero anche loro al ruotare della terra.

Mi avvicino a riva, immergo i piedi nell’immobile acqua, sento la temperatura, è caldissima.

L’acqua è uno specchio, in lontananza un peschereccio, la spiaggia è quasi deserta, ci sono ancora bambini che giocano e le loro mamme che cercano di trascinarli via perché oramai è ora di cena.

I gabbiani si fischiano e si rincorrono, facendo risuonare le loro grida.

Lascio andare il pareo sulla sabbia ancora calda, e piano, piano mi immergo in mare.

Io non esisto più, i miei contorni sono fatti d’acqua, i miei occhi di luce di sole.


Vorrei riportare una poesia, di una carissima persona, che vive in questo posto meraviglioso: il signor Pasqualino.

E’ il nonno di una delle mie più care amiche, una sorella per me, e qualche anno fa sono stata ospite dalla sua accogliente famiglia, ricordo sempre con gran calore quell’estate e con delizia le cene e i pranzi trascorsi insieme.

Il signor Pasqualino è secondo me uno dei più grandi poeti siciliani esistenti. Nella sua poesia c’è una realtà, una spontaneità e dolcezza  così pura a volte. Riesce a comporre poesie in poco tempo, ogni giorno non so quante ne produce! E’ una casa editrice di poesie fatta uomo, ha una fantasia e creatività e produttività incredibili. Ogni poesia la dedica ad un nipote, alla sua amata moglie, figli, oppure al mare e a tutto ciò che lo circonda.  Mi sono fatta scrivere allora alcuni versi sul mare, perché chi più di lui, che ogni giorno si affaccia e vede davanti a se questa distesa d’acqua può meglio scriverne. E così è come si ci fossimo incontrati su quel mare,  grazie alla magia delle parole. Anche il signor Pasqualino sta attraversando un momento un po’ complicato e ci siamo ritrovati aa condividere questo  viaggio a volte insieme, a farci forza. Allora, forza sempre, dall'alba al tramonto..!





M'AFFACCIU O BACCUNI E VIDU U MARI.

M'AFFACCIU A MATINA O BACCUNI E VIDU U MARI,
I GABBIANI SI VIDUNU VULARI.

L'ISULI DI LIPIRI PARUNU VICINI,
E I VADDU E MI RICODDU I TEMPI DI SARACINI.

I PISCATURI IETTUNU A RIZZA PI PISCARI,
E TANTI PISCI BONI VONNU PIGHIARI

A RIVA E' TUTTA CHINA DI BEDDI CARUSI,
OGNUNU AVI NTESTA I SO USI.

ARRIVA ALL'IMPRUVVISU NA CARUSA ROMANA,
BEDDA GIUIUSA E DI CORI SANA.

CURRI NTA BOTTA DU MARI FURIUSA,
A VADDU DI LUNTANU E DICU BIATA TU CHI ANCORA SI CARUSA.

CUNTENTA ERA E FILICI,
VADDANDU U MARI CALMU E TUTTU BENI DICI.

FINIU U TEMPU DI VACANZI,
MANCIAVA TUTTU CHIDDU CHI CERUNU NTE PRANZI.

I SO OCCHI BRILLAVUNU COMU STIDDI,
U VENTU CI FACIA SVULAZZARI I SO CAPIDDI.

AFFACCIATA O BACCUNI IDDA FACIA,
O MARI BELLU E AZZURU NA FOTOGRAFIA.

U CORI U LASSO NTO MUMENTO,
FINIU PI IDDA U SO DIVITTIMENTU.

A NA CARUSA BEDDA ROMANA,
CHI DI MIA E' LUNTANA

1901\2012

P.C.








mercoledì 18 gennaio 2012

Ippocrate, dove sei?


In merito ad una riflessione che mi ha fatto fare un caro amico  commentando il mio recente post "Macchine", vorrei riportare questa riflessione, necessaria se ci si imbarca nella discussione di ciò che riguarda la guarigione, la sanità, i medici, ecc. E' un argomento molto delicato, pieno di contraddizioni, difficilissimo da affrontare. Sì, metto le mani avanti!  E anticipo: questo è come vedo io la realtà, in base alle esperienze personali che ho fatto, spero possa far riflettere ognuno e facilitarlo nel trovare la sua di visione.    

Fino a prima di ammalarmi, avevo una visione molto forte riguardo alla medicina. Non prendevo farmaci, osservavo la simbologia di ogni sintomo, mi curavo con il cibo, e non avevo una gran fiducia del sistema scientifico . Anche perchè credevo che ogni cosa certo è vera se è dimostrata, ma credevo anche che ogni cosa può essere dimostrabile perchè siamo noi che creiamo la nostra realtà. 
Credo che tutto questo  sia ancora vero, ad un certo livello, ma credo anche che bisogna essere tanto, tanto illuminati per riuscire a "muovere" certe cose. Le guarigioni istantanee avvengono, sì, ma sono casi molto rari. Riuscire ad estirpare una causa profonda che ha portato un individuo ad ammalarsi non è cosa semplice, perchè spesso è sepolta nel suo inconscio più profondo. Credo che ogni cosa che ci accade è psicosomatica, nel senso che psiche e corpo sono correlati, ma la capacità di "guarire" questa connessione  una volta che essa si interrompe o inizia a prendere delle pieghe malsane, è cosa molto più complessa. 

Nell'ambiente della medicina "alternativa", che io chiamerei più adeguatamente "complementare"- perchè non è un alternativa ma completa, a mio parere,  la medicina allopatica tradizionale - è diffusa l'idea che la persona malata sia lei stessa ad essersi causata quella malattia. Ci sono persone che vedono coloro che si ammalano con occhi quasi di disprezzo: " Eh poveretto quello non è riuscito a risolvere il conflitto con il padre, ti credo che si è slogato l'anca destra! ". (Che poi, scusate, chi è che veramente riesce a risolvere un tale conflitto, e ancora, quand'è che veramente è risolto? E poi il Padre non è forse un archetipo così grande che abita ognuno di noi, è veramente possibile risolverlo? Oh padre abbi pietà di noi, Amen.)

Io non escludo nulla, sono convinta che il nostro corpo ci dia alcuni "segnali" molto evidenti e molto precisi, che se noi riuscissimo a cogliere anche soltanto un decimo di quelli che non cogliamo, invece di impasticcarci automaticamente senza previa riflessione,  potremmo vivere in uno stato di salute ed energia vitale molto più alta. Ci sono infiniti modi per scoprire questo linguaggio, per ascoltarlo, imparare ed evolversi. Se solo ci ascoltassimo un po' di più! Potremmo vivere una vita molto più Sana e in Equilibrio. (Mi metto in capo alla fila con la mano alzata di tutti quelli che non riescono ad ascoltarsi, e pensa te che io mi arrovello a pensare anche più del dovuto..)

 Ma così non accade, e allora ci si ammala, il nostro corpo si gonfia perchè mangiamo male, o è mal nutrito, mal di testa, umore a pezzi, tossine su tossine... Insomma, “non ascolto” che si accumula e accumula fino a diventare cronico.

Prima di arrivare a gravi complicazioni, ci sono tantissime strade da percorrere per trovare un equilibrio psicofisico. Esistono percorsi psicologici (psiche=anima), poi ci sono tutte le discipline Olistiche,  c'è la Naturopatia,  l'Omeopatia, la Medicina Cinese, l’Ayurveda, la floriterapia, la nutrizione, discipline come lo yoga, per non parlare di tutte tecniche che lavorano con il Chi,  la Meditazione, L'Ayuvedica, il Reiki... E tanti, tanti altri percorsi incredibili e validi che se coltivati con la giusta dedizione, ho visto portare a risultati sorprendenti. (attenzione anche qui esistono molti ciarlatani, e spesso ti arriva tanto fumo negli occhi, bisogna essere molto abili a saper osservare con un dovuto spirito critico..)

Ma questo può non bastare.

Ho visto ribaltarsi tutte le mie credenze di fronte alla scoperta e poi diagnosi di un linfoma e alla conseguente scelta di affrontare tutte le cure tradizionali. Io che andavo a tutti i corsi di yoga, ero vegetariana da tre anni, meditante, studiavo psicologia e professavo l'amore cosmico, mi ero ammalata di tumore !

E mi sono ritrovata a dover affrontare le mie credenze più radicate, molte le ho dovute estirpare come erbacce pericolose e velenose, altre farne prezioso uso nei momenti più critici.

Ho visto che quello che veramente mi limitava era il limite che mettevo io stessa.

La separazione tra: questo è bene e questo non è bene, non porta a niente: ogni separazione di per se è perdita di qualcosa.

Perciò io credo nell'integrazione, ed ecco perchè dico che tutte le varie "medicine" sono complementari e non alternative, perchè il termine "alternativo" di per sè esclude porzione di verità ed occasioni di guarigione.

Qualsiasi sia il motivo per il quale ci si ammala di tumore (tutt'ora oscuro alla medicina tradizionale), non è più importante quando ti viene diagnosticato. E' una malattia troppo aggressiva per essere curata con la comprensione dei meccanismi che avrrebbero potuto causarla: conflitti irrisolti, traumi familiari, cause ambientali, genetiche, karmiche, spirituali, vite passate…

Mi sono così affidata nelle mani della medicina, ma non ad occhi chiusi. 

Ho tenuto sempre un occhio chiuso rivolto all'interno ed uno aperto verso l'esterno.

E sono andata così ad indagare parallelamente anche tutte le possibili cause che mi hanno portato ad ammalarmi, comprendendole, accettandole e ringraziando anche il linfoma per avermi permesso di vederle.

Ma ho fatto e sto facendo tutti i cicli di chemioterapia necessari, e tra qualche mese anche l'autotrapianto di cellule staminali.

Sono venuta così a conoscenza di un mondo a me ancora sconosciuto e per certi versi anche criticato.

Ma ora la mia visione è stata rimodellata, ampliata, e io ne sono grata per questo.

La medicina è una cosa sacra e ha un valore inestimabile. Oggi sono stati fatti dei progressi incredibili , ogni giorno ci sono nuove scoperte vengono salvate milioni di vite. Se oggi non si muore più di raffreddore è grazie alla medicina. Se l'aspettativa di vita si è allungata è grazie alla medicina. Se noi adesso siamo qui, è grazie alla medicina e alle sue scoperte.

A volte ci dimentichiamo da dove veniamo, che in antichità si moriva a 30 anni, che se ti beccavi una polmonite, ciao. E per non parlare dei tumori. Beh, cosa dire. Qui potrei scrivere un infinità di cose.

Oggi molte tipologie di tumore sono guaribili, e si può allungare la sopravvivenza in molti atri casi per addirittura anni, o addirittura convivere con un tumore è oggi una realtà molto frequente. Hanno perfino inventato la chemioterapia in pasticche! Oramai siamo lontanti dall’epoca in cui il cancro era visto come un male oscuro incurabile.  Magari tra cent'anni basterà prendere una pasticca e il tumore andrà via il mattino seguente.

Siamo in un epoca di transizione su infiniti livelli, e anche su questo. La medicina non può guarire ancora tutto, ma vi assicuro tanto è stato fatto.  Ho stima per tutte le persone che si battono per la ricerca scientifica, per i medici che lavorano perchè credono in quello che fanno, salvano vite, per gli infermieri e tutte le persone che ogni giorno scendono sul campo di battaglia e combattono, e certo non tutte le battaglie si possono vincere, ma fanno parte di una guerra che da certi punti di vista io la vedo già vinta.

Putroppo oggi i tumori sono diffusissimi, e come diceva Veronesi recentemente in un intervista: "Oggi una persona su tre ha un tumore. Perciò non bisogna chiedersi se avrò un tumore, ma che tipo di tumore avrò." Con questo non voglio allarmare nessuno, ma soltanto portare l'evidenza dei fatti per quello che sono.

Allora prendiamo questi dati di fatto, e attrezziamoci di conseguenza..

La battaglia che porta alla guarigione, secondo me,  si vince se si riesce a mantenere una visione sempre più ampia, se non ci si sofferma ad un sintomo ma con curiosità si cerca di indagare sul significato, si esplorano tante soluzioni.

La medicina è necessaria, in questo caso,  quanto lo è l'idagine sul sè.

L'una completa l'altra.

Il termine terapia deriva dal greco θεραπεία (therapeía) e ha il significato di cura, guarigione.

Platone ha usato questa stessa parola nel dialogo Eutifrone,dove Socrate la definisce come "cura degli dei".

“Quando ti occupi di guarire, stai facendo un'opera sacra”, scrive lo psichiatra e amico Eldo Stellucci, in un breve suo scritto, e io non mi posso che trovare d’accordo con lui.

Stiamo parlando di qualcosa che è stato dimenticato oggi da molti medici che svolgono il loro lavoro.

Questa sacralità è stata mantenuta in discipline che oggi vengono definite “alternative” e vengono dispezzate e tenute in poco conto nell’ambiente scientifico.

Visto che non si può cambiare tutto un intero sistema, almeno, io non ho questa volontà, e sinceramente ho tante altre cose che vorrei fare, almeno posso con gli strumenti che ho cercare, almeno tentare, di rimediare a questa “dimenticanza” e non fermarmi a subire passivamente e meccanicamente le “cure” estirpate purtroppo dal loro terreno cumune di significato di guarigione intesa come “sacra”.  Le accetto, le ringrazio, ma a modo mio faccio di tutto per completarle.


Concludo riportando quelli che sono secondo Ippocatre, di cui famoso è il giuramento che fanno tutti i medici, chirurghi e odontoiatri all'inizio della loro professione, gli strumenti  terapeutici del medico, questi sono: il tocco, il rimedio e la parola.  Da ciò che ho potuto constatare, è quasi tutto oramai centrato sul rimedio da somministrare a secondo della patologia.


Mi piacerebbe che ci fosse più parola, sarebbe bello che i medici fossero più aperti al dialogo, che invece di compilare moduli di anamnesi standardizzati, ci fosse proprio un colloquio con ogni paziente per identificare la sua storia, da dove viene, chi è quella persona, la sua storia familiare…


Così come che ci fosse più “tocco”. Al di là di tutti quei guanti bianchi, camici, protezioni, quando accade che c’è un contatto vero tra medico e paziente già quello è uno strumento terapeutico, ecco sarebbe bello che ci fosse anche questo (io poi che sono così per il contatto, a volte mi ritrovo a stringere una mano ad un infermiere, attaccarmi al braccio di qualche medico, per l’incredibile distanza che si percepisce, e poi certo ci sono anche dei medici niente male che ti viene proprio voglia di abbracciarli!! Ma quello è un altro discorso.. )


Riporto di seguito il video e un articolo che racconta del dottor. Maurizio Grandi, medico specialista in Oncologia Clinica e Immunoematologia a Torino, che cura i suoi pazienti, curando anche la loro anima.

Da non perdere!!


Il video è diviso in due parti, la prima tratta di bioetica e la seconda di guarigione. Per rimanere in tema andrei subito alla seconda parte. E' veraramente illuminante, parla anche di barche, tempeste.. L'ho trovato molto sincronico. Buona visione!

















martedì 17 gennaio 2012

#8
Sfidarsi, e poi sfidarsi ancora,
per realizzare i propri obiettivi.
Non arrendersi. Agire, imparare, dialogare
e poi ancora imparare. Come risultato di questa costante
e instancabile sfida,
si spalancheranno davanti a noi vasti orizzonti inesplorati.


dal film "The Tree of Life"

Macchine

In realtà l’ospedale non è nient’altro che un’enorme officina riparatrice per macchine rotte.
Appena entri ti fanno riempire un lunghissimo e standardizzato modulo, illeggibile da quanto è scritto male e anche perché l’inchiostro è oramai trasparente da quante volte è stato fotocopiato. Semplicemente devi mettere una “x” nel quadratino che ti indicano distrattamente e una tua firma leggibile acconsentendo che da quel momento in poi,  loro hanno il totale via libera a poterti sottoporre qualsiasi trattamento loro ritengano opportuno senza più chiederti il consenso.
Perché secondo loro tu hai smesso di funzionare, e adesso sei li per aggiustarti e loro sanno esattamente come farlo.
Ti assegnano un numero, da quel momento non sei più Pinco Panco, ma semplicemente 715, 730, 245, 510 e l’unica cosa che ti contraddistingue è quel numero davanti a tutti che indica di quale settore fai parte. Tu non esisti più, sei appena stato catalogato.
Ti parcheggiano nella cella, che coincide con il tuo numero e da li partono con il loro lavoro.
Sveglia alle sei del mattino: iniziano i primi controlli e chek up, per andare ad individuare il danno, la parte fallata, il pezzo non funzionante, per poi poterlo attaccare con tutti i loro strumenti a disposizione che maneggiano con estrema destrezza oramai come se fossero veramente bulloni e chiavi inglesi.
Ti intubano, controllano la pressione,  ascoltano se c’è troppa aria nel motore, e l’olio è al suo giusto livello; ti assegnano compiti da fare, controlli, devono essere al corrente di tutti i liquidi che entrano ed escono nel tuo corpo, il bilancio deve sempre essere perfetto e se non lo è ecco che prontamente ti somministrano l’antidoto: ogni equilibrio deve essere scientificamente e matematicamente rispettato. Tutta l’intera giornata è scandita dai ritmi calcolati dello scadere delle ore di tale farmaco, di tale controllo:  tutto è già stabilito. Sanno già cosa fare in caso di questo o quello dovesse accadere. Oggi mi hanno detto “non ci sono supposizioni, noi usiamo solo strumenti”. 
Del cibo rimane soltanto l’idea del cibo, o almeno l’idea che il cibo sia carburante, ecco quest’idea, ancora più confusa, e sbiadita, proposta ogni sera in piatti di plastica incelofanati. Ovviamente servono primo secondo, contorno e frutta: come è giusto e sano che sia. Tutto è sigillato, messo sotto vuoto, non prima di essere stato cotto una prima volta e una seconda volta a 180 gradi in forno, in caso non bastasse a sterilizzarlo. Cosa ne rimane delle proprietà nutrizionali, delle vitamine, dei sali minerali? Masticare una soletta di una scarpa forse  fornirebbe apporto nutritivo di un petto di pollo che ho tentato di addentare oggi.
Non conta se ti senti bene, conta solo quello che vogliono dire quei numeri su quei fogli.
Non importa se un giorno ti svegli e ti è passata la febbre e te la sei misurata già 3 volte e glielo dici. Ti rispondono subito che devi rimisurare ogni mezzora perché è così che si fa. Non importa se sai da quando hai 8 anni di avere la ritenzione idrica di un un ippopotamo se mangi certe cose, e sai che  è normale, per loro non lo è.
Molti dei meccanici si nascondono dietro questi metodi, per non sentire, per non doverti guardare negli occhi: ogni volta che manchi uno sguardo ti rendi conto di quanto sia fondamentale per loro tenere il controllo. Io capisco.
E’ importante non lasciare che un emozione trapeli, perché emozionarsi non fa parte del protocollo. Provare un emozione profonda e sincera o un empatia sarebbe come disseminare mine all’interno della loro amata officina: potrebbe saltare in aria. Le emozioni sono tutto il contrario del controllo.
E poi dopotutto come si fa a provare emozione nei riguardi di una macchina? Pura follia.
Ho visto sguardi fuggire dopo aver pronunciato una diagnosi. Mi sono sorpresa e ritrovata in un vuoto disarmante.
Molti di loro, sono così assuefatti dal ripetere ogni giorno la stessa cosa, che la fanno come se stessero svitando una macchinetta del caffè, e invece ti attaccano una flebo.
Ho imparato però  a sopravvivere qui, a parlare il loro codice è questo mi ha aiutato anche. Per fortuna ho una grande dimestichezza con le lingue e riesco ad attaccare bottone anche ad un sanpietrino (pietre caratteristiche che rivestono alcune strade romane).
Ma non esistono solo meccanici così, c’è un'altra speciale categoria. Attenzione questo è un segreto ma sento di poterlo condividere serenamente: ci sono anche “Persone” travestite da meccanici, all’interno dell’officina. Sì persone, esseri Umani! Eh lo so difficile a credersi anche perché fanno di tutto per sembrare meccanici, ma li puoi riconoscere da tre facili cose: sorridono, ti chiamano per nome e ti guardano negli occhi.
Hanno poi un modo, ognuno il suo, di farti rendere conto che sono li apposta per te. E non è una categoria specifica di meccanici. Basta una visita notturna di un meccanico che fa il turno di domenica e voleva sapere come stavi, oppure  l’accortezza nel procurarti un cuscino in più perché la notte non dormi con meno di due cuscini.
Ecco allora che se hai la fortuna di incontrare una di questi “speciali” meccanici la sera prima di dormire o la mattina appena sveglio, sai per certo che dormirai serenamente, o che la tua giornata scorrerà più leggera, perché sai che quello speciale meccanico, ti ha visto e si prenderà cura di te e non solo della macchina che abiti. 

arnesi e attrezzi per controllo macchine.


domenica 15 gennaio 2012

Esiste!

Vi presento, con la gentile concessione di un mio caro amico che adesso, beato lui, se ne sta in tailandia a sollazzarsi, il Galeone Regina Elena.
Ha tre alberi, è fiero, calvalca le onde, sfida le intemperie. E a guardar bene c'è anche un equipaggio di prodi giovani sul ponte di prua che controlla il mare.
Proprio come me lo immaginavo. E' proprio vero che a volte, come diceva il grande Einstein, l'immaginazione è ciò che precede la realtà.
(anche se in effetti figurati se non esisteva una barca con il nome della suddetta Regina, ma vederlo è stata comunque un emozione..)






galeone Regina Elena

Deliri di onnipotenza

Si sa che come effetti collaterali della chemioterapia si ha innanzitutto un abbassamento dei famosi globuli bianchi, tant’è che due giorni fa facendo le analisi mi hanno comunicato che i miei globuli erano 300: il minimo per una persona “normale” è 4000, ergo, pochini.
Fatto sta che da quando mi hanno detto che erano 300, io ho iniziato a immaginare l’armata dei 300 "nani bianchi" :)  come un armata invincibile.

Immaginavo dentro di me questi trecento valorosi combattenti, pronti a schierarsi dalla mia parte, pochi si ma invincibili.  Ognuno con il suo scudo, la sua spada tratta, pronto anche a morire per me: quasi commovente.

Trecento, sono tanti: tre volte cento. Tre centinaia di soldati tutti per me.

Ma quanti globuli poi servono per far fronte ad un infezione dopotutto?

E poi se io non mi voglio ammalare non mi ammalo, deciso.

Posso controllare la mia mente, il mio corpo, tutto è sotto controllo.

E che sarà mai se una mia amica con il raffreddore mi viene a trovare, mica me lo attacca! No, queste cose a me non succedono, io sono molto più forte.

Ci sono dentro di me trecento globuli bianchi pronti a partire aspettano solo un mio comando.

E poi io sono protetta, già. Ho un alone invisibile che mi protegge, una bolla blu enorme impenetrabile.

Bene, questi erano i miei pensieri fino a ieri, adesso sto scrivendo dalla stanza 715 del Regina Elena.

Già un imbarco improvviso, cosette, alla fine che sarà mai svegliarsi la mattina con 39 di febbre?

Rieccomi perciò qui, punto e a capo e ne avrò per alcuni giorni.

Questo rientro improvviso ha colto di sorpresa la mia ciurma. Ma eccoci di nuovo qui per mare, e se ci sarà tempesta o meno si saprà dal bollettino di domani.

Un ennesima occasione per riflettere, bene ci sto.

Questa volta però devo fare un “mea culpa”.

Mi è capitato diverse volte nella vita di sentirmi di più di quello che le condizioni mi permettevano.

Ho la tendenza masochista a farmi del male, come se non mi accorgessi quali sono i miei limiti.

Per farmi male intendo, accusare le conseguenze di scelte poco “sagge”, come ad esempio stancarmi all’inverosimile perché non so dir di no, oppure “scofanarmi” mezzo chilo di biscotti e poi giù lacrime di coccodrillo.

Quello che sto imparando, adesso che il mio corpo è notevolmente sensibile, è che bisogna assolutamente ascoltarlo, i suoi segnali, quando comunica che è stanco, senza portarsi oltre i limiti. E’ il regalo più grande che possiamo farci.

Che questa faccenda dell’onnipotenza faccia parte del crescere, oppure dell’essere troppo entusiasti?  Beh io sono troppo entusiasta a volte e questo mi porta a voler divorare la vita, succhiare la sua linfa e non perdermi neanche un secondo di esistenza perchè ho paura che se non lo afferro subito scompare.

Forse ha ragione mia madre, che secondo me in una vita passata era un vecchio saggio tibetano: la vita è lunga, bisogna imparare ad assaporarla lentamente, non c’è nessuna fretta.

Tutta questa fretta di divorare, e per questo intendo ogni cosa, con la paura che domani non ci sia più, finisce con il consumarci. Toglie vita alla vita.

Ci illudiamo che i ritmi della vita siano gli stessi di quelli di un essere umano occidentale immerso nel lavoro, ma non è così. La vita scorre lenta, e i cambiamenti in natura sono impercettibili.

Ma se si riflette un attimo ci si rende conto, che anche i cambiamenti veri, quelli che muovono l’anima sono lenti e a volte devono passare diverse stagioni affinché essi si manifestino.

Vivendo in una grande città questi ritmi sono falzati, ogni cosa è accelerata, il cemento impedisce di vedere l’erba e il suo naturale crescere.

Insomma, a volte forse dovrei sentirmi più in sintonia con un filo d’erba che cresce piuttosto che con woderwoman-tutto-mi-è-concesso.

Per fortuna che le conseguenze alle azioni esistono, e che si impara soltanto sbagliando.

Fosse la volta giusta che imparo a prendermi cura di me?

lunghi momenti di rigenerante lentezza.









sabato 14 gennaio 2012

Meditare qui ed ora

Ci sono tantissimi modi per meditare, ma poi in realtà il fine è sempre lo stesso. La meditazione può essere anche un modo per mettersi in contatto, con chi è credente, con Dio e con l’Assoluto.
Quello che credo io, è che la meditazione è un incredibile strumento di auto-conoscenza ed auto-osservazione. Meditando, finalmente, si ha la possibilità di accedere ad una dimensione di consapevolezza, difficile da coltivare durante lo scorrere frenetico delle giornate e delle attività.

Ho iniziato a meditare più di un’anno fa, mi ricordo benissimo il momento in cui ha avuto inizio. Stavo a casa,  quel giorno avevo la testa piena che traboccava di pensieri. Era un  continuo andare e tornare in dietro nel tempo: quello che è successo, quello che succederà, domani dove sarò, perché ho detto quella cosa a quella persona, ma possibile che riuscirò a fare tutto quello che voglio.. Pensieri assillanti e immobilizzanti. Quando ci si ritrova in un flusso di pensieri così denso, è difficile veramente agire, e si iniziano a  perdere energie. Non è un caso che nella parola meditazione, sia contenuta “azione”: la meditazione non vuol dire assenza di tale azione ma anzi è il terreno che viene preparato per poi successivamente poterla  dirigere  in maniera più decisiva e funzionale (questo è uno dei benefici più grandi di questa pratica..).

Insomma me ne stavo persa nei miei pensieri… Ad un certo punto, mi sono seduta per terra, ho chiuso gli occhi e intensamente ho iniziato a ripetermi “voglio stare qui ed ora”, più volte dentro di me, concentrandomi sulle sensazioni che momento dopo momento mi arrivavano. E piano piano i pensieri hanno iniziato a rallentare, e ho cominciato a percepire uno stato di profonda quiete….


Per me è stata una scoperta, nonostante fossero anni che praticassi yoga questa è stata l’esperienza più importante, perché in quel momento mi sono esattamente resa conto di quanto possa essere limitante un flusso di pensieri incessante e “petulante”. Fino a quel momento non avevo “visto” i miei pensieri e meditare era soltanto un modo per rilassarmi.

Comprendere e vedere che i pensieri sono soltanto un “prodotto” della mente, e che noi non siamo né la mente né il pensieri è qualcosa di veramente liberatorio! Il trucco è porsi come osservatori, e osservare il flusso dei pensieri come se fosse una pellicola di un film che scorre e smettere di identificarsi con quel film.

La meditazione che poi ho iniziato a praticare, è quella semplice basata inizialmente sulla concentrazione sul respiro.  Questa tecnica viene chiamata “vipassana”, ed ha origini antichissime.

Sono venuta a conoscenza del metodo “Mindfulness”, nato trent’anni fa negli Stati Uniti, ideato da J.Kabat Zinn, e che da diversi anni sta mettendo piede anche in Italia. Mi sono così appassionata che ho poi fatto il corso per diventare trainer (che sto ancora facendo..).

E ho scoperto che negli ultimi quindici-ventanni, la comunità scientifica ha dedicato sempre più spazio a quest’antica tecnica di meditazione, che ha mostrato possedere virtù benefiche per la salute, o come diciamo noi occidentali, una notevole efficacia terapeutica per molti disturbi e  problemi psicologici e fisici.

La mindfulness è uno delle tecniche psicologiche più antiche (oltre 2500 anni!), ma anche una delle più avanzate.

Ci sono un’infinità di ricerche scientifiche, purtroppo molti articoli sono in inglese, ma si trova anche in Italiano se ci si mette a cercare con un po' di pazienza.

Hanno sostanzialmente scoperto che dopo soli 2 mesi di meditazione, la mente cambia, e si riduce lo stress notevolmente, si possono curare disturbi d’ansia, di depressione e sindromi dolorose.

Meditare riduce il dolore del 50%. (!!!)

Nel caso di una malattia, meditare, può aiutare tantissimo ad affrontare le cure, a ritrovare un proprio centro, e viversi quello che viene con più serenità.

Certo, inizialmente bisogna fare un piccolo sforzo, coltivare la routine. Ma i risultati non tardano ad arrivare. Perché non provare?

Si può provare anche da soli, ma se non si ha dimestichezza con questo mondo può risultare complicato, perciò è meglio trovarsi un insegnante oppure procurarsi un libro se non si può uscire di casa. (sto preparando una lista di libri da inserire prossimamente)


#8
Non si può sperimentare la vera felicità
se va sempre tutto bene.
Vai avanti, consapevole del tuo profondo valore 
come essere umano, affrontando ogni cosa
con serentià, anche se ti trovi a scalare montagne 
insormontabili, ad attraversare fiumi impetuosi.
Così proverai gioia e soddisfazione e non avrai 
il minimo rimpianto.



venerdì 13 gennaio 2012

Emozionata

Rientro dalle mie peripezie di una giornata tra ospedali, ristoranti macrobiotici, centri commerciali (!!), giri tortuosi in macchina per Roma e aprendo il blog mi rendo conto che le visite sono più di 3000, ci sono commenti ai miei post e che mi arrivano mail da persone che non sentivo da anni ma che ritrovo istantanemente collegate con il cuore. Ci tenevo a condividere questo. Ho così voglia di scrivere e rendervi partecipi, sentirmi collegata con i vostri cuori mi da una gioia infinita. Vorrei con voi tessere una tela meravigliosa intarziata di desideri, sogni, consapevolezze, realtà e conquiste. Sento che possiamo farlo, insieme.
Risponderò ad ognuno di voi più tardi, ma intanto avevo voglia di dirvi questo e regalarvi una foto e scrivervi che mi è arrivata una carica super incredibile pazzesca che mi fa venir voglia di scrivere altri 200 post. Preparo il caffè e sono da voi.
Eh non è che con questa storia poi inizio a sentirmi quasi famosa.
Beh un po si, ecco allora per l'occasione e per consacrare un po' del mio sano ego me in versione John Lennon.
Vi abbraccio.
(se ho esagerato che qualcuno mi fermi)


giovedì 12 gennaio 2012

#7

I fiori e le piante crescono giorno dopo giorno,
e lo stesso vale per l'essere umano.
Giorno dopo giorno, continuando a sforzarti,
senza mai perdere la speranza,
potrai costruirti una vita pienamente felice.
Non è necessario fare passi affrettati.

Illustrazione del 1767 del libro "Il viaggio sotterraneo di Niels Klim". Il protagonista cade in una grotta e raggiunge il centro della terra, dove fluttua il pianeta di Nazar, abitato da un popolo mezzo vegetale, mezzo umano.

Magnolia


Oggi mi sono svegliata con molta calma.
Ho voluto che il risveglio fosse lento e concedendomi così di ascolatere i ritmi del mio corpo.
Sbadiglio, mi stiracchio, contemplo i giochi di luce del sole che filtra attraverso la finestra. Fuori un enorme, statuario e fiero albero di Magnolia fa capolino nella mia stanza. Ci guardiamo. La Magnolia è la mia pianta preferita, e con lo sguardo la ringrazio per esserlo. 

Ho deciso: rimango a letto finché non mi va veramente di alzarmi.
Sono oramai scesa a  terra, il galeone con i miei prodi è tornato per mare per proseguire le loro battaglie e torneranno a fine mese a riprendermi.
Ho quindi un po’ di tempo per raccogliere tutte le mie energie, rimettermi in piedi, e prepararmi per la nuova attraversata.
Sono approdata su una terra tranquilla, tutto fuori tace stamattina e non sembra neanche di stare in città. Oggi è una di quelle giornate che mia madre direbbe “finta” da quanto è bella. Che poi non capisco perché, io direi: è così bella che è vera.
Il mio humor non è proprio ai massimi livelli, scusate, mi sento un po’ vuota di energie vorrei soltanto appallottolarmi nelle coperte e poltrire all’inverosimile.
Così ho deciso di attuare un programma “poltrimento” che include il farmi finalmente una degna cultura cinematografica.
Se ripenso al periodo prima di quel fatidico 17 giugno 2011, mi vengono i brividi a pensare che non riuscivo a fermarmi neanche per guardare un film. La mia vita era totalmente assorbita da impegni, cene, aperitivi, appuntamenti.  Riuscivo a fermarmi soltanto quando ero veramente stanca oppure stavo male. Lavoravo per eventi, ristoranti e locali per guadagnare qualcosa, un lavoro massacrante fisicamente, e per devastante intellettualmente. Per quanto ce la mettessi, non ne valeva mail la pena lavorare così. A volte mi sembrava che il prezzo da pagare fosse troppo alto, mi sentivo come se mi succhiassero la mia linfa vitale.
In tutto ciò continuavo a studiare e prepararmi, nonostante mi fossi già laureata (chi è psicologo sa che non si finisce mai) e frequentavo i miei "corsi".  Ero diventata una perfetta e collaudata partecipante ad ogni corso di ogni sorta (che avesse a che fare con ricerca interioriore..ma non solo).
I corsi mi portavano a spostarmi anche per l'Italia, da nord a sud e questo devo dire non mi dispiaceva affatto.   Ho partecipato a corsi di “metodo per riscoprire la tua voce naturale”(interessante sì,  ma io non sono un attrice), corsi di pranoterapia, di biodramma, reiki, costellazioni familiari (forse una delle cose più interessanti!) sciamanesimo brasiliano, seminari di vegetarianesimo e ayurveda, yoga (ogni tipo di yoga) per non parlare di tutti i “fantomatici” guru in cui mi sono imbattuta scoprendo poi che ognuno ha il suo guru e che poi il guru siamo noi.. ah c’era anche il seminario su “il tuo guru interiore”, poi cucina macrobiotica (ad un certo punto volevo anche aprire un ristorante), filosofia vedica, sanscrito. Insomma tante informazioni,  tanta ricerca, inesorabile e incessante. Ai limiti però del maniacale. Prendevo tutto e frullavo.
Era come se dovessi riempirmi di più informazioni possibili, comprendere la realtà tutta insieme. Svelarla. Si,  ma poi?!
Era come se davanti a me avessi un grande libro, e ogni pagina di questo era un argomento e dovessi sfogliarlo tutto per avere una risposta. La sensazione era che la risposta, come al solito fosse nell’ultima pagina.
Era un incessante corsa, contro il tempo, contro me stessa.
A volte non mi stupisce molto che io mi sia ammalata e che proprio la mia gamba abbia deciso di fermarsi, come a dire “ok tesoro, io più di così non ci vengo, se vuoi vai senza di me”.
Non che io rinneghi tutti i miei “sforzi”, anzi:  questo ricercare mi ha portato a scoprire infinite realtà, ad incontrare persone fantastiche, amici di vita,  e soprattutto a stare qui adesso.
Se potessi tornare indietro forse avrei voluto sforzarmi di meno. Credo che uno sforzo eccessivo, in qualsiasi cosa si faccia non sia bene. Spesso la vita ha bisogno di essere lasciata scorrere e basta , và ascoltata.
Ecco così la mia bella dose d’ascolto, ma siccome non sono per le mezze misure, me la prendo tutta insieme che forse possa bilanciare le corse fatte negli anni passati.
Una frase che spesso dico quando racconto di questo periodo è che “se tutti si potessero fermare almeno 3 mesi nella propria vita, non ci sarebbero le guerre”, e ne sono convinta sempre di più.
In tutto ciò è già l’una e io sono ancora nel letto e ancora non mi va di alzarmi.
Osservo il sole che filtra dalla finestra di nuovo, adesso c’è un raggio che mi sta riscaldando le gambe e sento il calore che attraversa la pelle fino ad arrivare dentro le ossa.
Mi affaccio nuovamente dalla finestra, la Magnolia è sempre li, adesso ondeggia c’è un venticello impercettibile e le sue foglie si muovono cangianti sfiorandosi l’una con l’altra.
Non ci sono fiori, ma è come se ci fossero delle piccole nicchie che sembrano li predisposte ad accogliere in estate i suoi fiori bianchi. Quegli spazi sembrano messi li proprio in attesa, sono spazi sacri, e vengono custoditi dalla pianta gelosamente tutto l’inverno per poi renderli gloriosi in estate.
Vorrei fare quello che fa questo incredibile albero con i suoi fiori d’inverno: dedicare la mia apparente stasi a rendere quegli spazi sempre più accoglienti, finchè poi un giorno possano contenere i fiori: dopotutto un fiore senza la pianta intorno che vita ha?
Si, senza ombra di dubbio la Magnolia è  il mio albero preferito.
Basta però adesso poltrire, mi è venuta fame e poi ho una cultura cinematografica che mi aspetta.






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