domenica 15 gennaio 2012

Deliri di onnipotenza

Si sa che come effetti collaterali della chemioterapia si ha innanzitutto un abbassamento dei famosi globuli bianchi, tant’è che due giorni fa facendo le analisi mi hanno comunicato che i miei globuli erano 300: il minimo per una persona “normale” è 4000, ergo, pochini.
Fatto sta che da quando mi hanno detto che erano 300, io ho iniziato a immaginare l’armata dei 300 "nani bianchi" :)  come un armata invincibile.

Immaginavo dentro di me questi trecento valorosi combattenti, pronti a schierarsi dalla mia parte, pochi si ma invincibili.  Ognuno con il suo scudo, la sua spada tratta, pronto anche a morire per me: quasi commovente.

Trecento, sono tanti: tre volte cento. Tre centinaia di soldati tutti per me.

Ma quanti globuli poi servono per far fronte ad un infezione dopotutto?

E poi se io non mi voglio ammalare non mi ammalo, deciso.

Posso controllare la mia mente, il mio corpo, tutto è sotto controllo.

E che sarà mai se una mia amica con il raffreddore mi viene a trovare, mica me lo attacca! No, queste cose a me non succedono, io sono molto più forte.

Ci sono dentro di me trecento globuli bianchi pronti a partire aspettano solo un mio comando.

E poi io sono protetta, già. Ho un alone invisibile che mi protegge, una bolla blu enorme impenetrabile.

Bene, questi erano i miei pensieri fino a ieri, adesso sto scrivendo dalla stanza 715 del Regina Elena.

Già un imbarco improvviso, cosette, alla fine che sarà mai svegliarsi la mattina con 39 di febbre?

Rieccomi perciò qui, punto e a capo e ne avrò per alcuni giorni.

Questo rientro improvviso ha colto di sorpresa la mia ciurma. Ma eccoci di nuovo qui per mare, e se ci sarà tempesta o meno si saprà dal bollettino di domani.

Un ennesima occasione per riflettere, bene ci sto.

Questa volta però devo fare un “mea culpa”.

Mi è capitato diverse volte nella vita di sentirmi di più di quello che le condizioni mi permettevano.

Ho la tendenza masochista a farmi del male, come se non mi accorgessi quali sono i miei limiti.

Per farmi male intendo, accusare le conseguenze di scelte poco “sagge”, come ad esempio stancarmi all’inverosimile perché non so dir di no, oppure “scofanarmi” mezzo chilo di biscotti e poi giù lacrime di coccodrillo.

Quello che sto imparando, adesso che il mio corpo è notevolmente sensibile, è che bisogna assolutamente ascoltarlo, i suoi segnali, quando comunica che è stanco, senza portarsi oltre i limiti. E’ il regalo più grande che possiamo farci.

Che questa faccenda dell’onnipotenza faccia parte del crescere, oppure dell’essere troppo entusiasti?  Beh io sono troppo entusiasta a volte e questo mi porta a voler divorare la vita, succhiare la sua linfa e non perdermi neanche un secondo di esistenza perchè ho paura che se non lo afferro subito scompare.

Forse ha ragione mia madre, che secondo me in una vita passata era un vecchio saggio tibetano: la vita è lunga, bisogna imparare ad assaporarla lentamente, non c’è nessuna fretta.

Tutta questa fretta di divorare, e per questo intendo ogni cosa, con la paura che domani non ci sia più, finisce con il consumarci. Toglie vita alla vita.

Ci illudiamo che i ritmi della vita siano gli stessi di quelli di un essere umano occidentale immerso nel lavoro, ma non è così. La vita scorre lenta, e i cambiamenti in natura sono impercettibili.

Ma se si riflette un attimo ci si rende conto, che anche i cambiamenti veri, quelli che muovono l’anima sono lenti e a volte devono passare diverse stagioni affinché essi si manifestino.

Vivendo in una grande città questi ritmi sono falzati, ogni cosa è accelerata, il cemento impedisce di vedere l’erba e il suo naturale crescere.

Insomma, a volte forse dovrei sentirmi più in sintonia con un filo d’erba che cresce piuttosto che con woderwoman-tutto-mi-è-concesso.

Per fortuna che le conseguenze alle azioni esistono, e che si impara soltanto sbagliando.

Fosse la volta giusta che imparo a prendermi cura di me?

lunghi momenti di rigenerante lentezza.









6 commenti:

  1. Ciao :)
    Francesca, una mia amica, mi ha passato il link e sono veramente contento di avere avuto la possibilità di leggerti! :D

    Trovo che cercare di ascoltarci è qualcosa di naturale ma immensamente complesso... ascoltiamo prima di tutto ciò che ci circonda e solo successivamente quello che abbiamo dentro...

    ... ma stando in silenzio e guardando con gli occhi chiusi tutto diviene un po' più eloquente.

    Un abbraccio e a presto :D
    by Raksati

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    1. Ciao Raksati! Piacere di incontrarti.
      Ascoltarci è fonamentale, ma a volte così difficile... per prove ed errori piano piano si approda alla dimensione del volersi bene. Il problema è che tante sono le distrazioni, o le cose che crediamo più importanti, che ci hanno fatto credere... prendersi qualche minuto di silenzio è un infinito atto d'amore verso se stessi.
      Un abbraccio grande a te!

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  2. hai colto perfettamente...l'autenticita' e' proprio la capacita' non illusoria di sentirsi in sintonia con un filo d'erba...Mi piace quando parli del cogliere le conseguenze delle proprie azioni...Quale sara' la conseguenza del sentirsi in sintonia con un filo d'erba? Una strada puo' essere lastricata da pietre e questo costituisce la struttura e la direzione della strada. Ma nelle intercapedini delle lastre di pietra che la costituiscono crescono fili d'erba. L'alternarsi dei fili d'erba in questi spazi possono diventare la vera strada...

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    1. Che bello sarebbe perdersi in un campo di meravigliosi fili d'erba, respirare l'aria fresca, ascoltare lo scorrere dei ruscelli, osservare le nuvole, e semplicemente esistere. E dimenticarsi di quei lastricati, dei quali si deve parlare, conoscere, misurare, definire...

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  3. Ciao Francesca,
    ho appena letto questo tuo affresco di vita, tanto spontaneo e forte che profuma di calce e pigmenti. Ti immagino come un punto luminoso, colorato di tutti i colori dell'iride, che pulsa in quella stanza del Regina Elena. Perché tu hai i colori e la tua tavolozza è infinita e la tua capacità di raccontare rompe i vetri delle finestre, i cardini delle porte per arrivare dritto al cuore.

    Conoscere i propri limiti è un'arte difficilissima come anche conoscere e riconoscere il proprio corpo, hai ragione. La vera saggezza non è trascendere ma discendere, comprendere, immergersi nella materia che siamo, più o meno forte, resistente, sana.

    Ti è mai capitato di tagliarti distrattamente con il bordo affilato di un foglio di carta? Quei taglietti microscopici, che non meritano neanche un cerotto, bruciano come ferite aperte e improvvisamente ci ricordano che siamo fatti di carne e sangue, che non siamo immortali che ci sono cose sottili che il corpo avverte prima di noi e che noi dovremmo imparare ad ascoltare. Ma soprattutto ci ricordano che abbiamo un corpo e che ne abbiamo in "posti" e in "porzioni" dove non sospettavamo di averlo.

    Le tue parole oggi sono come uno di questi invisibili taglietti, bruciano. E lo fanno in modo salvifico, perché appunto ci dicono che possiamo farci male.

    Ti penso con grande affetto e gratitudine (vorrei aggiungere uno zero almeno ai tuoi 300 valorosi!)

    Fiammetta

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  4. Cara Fiammetta, che fiammetta tanto non sembri visto che hai la luce di un falò d'estate .. :)
    Conosco bene la sensazione di quel taglio spiacevole che ti porta alla realtà e qeull'istantaneo rendersi conto della propria vulnerabilità. Carne e sangue sono dei limiti limitanti, ma anche ci riportano a comprendere che siamo esseri umani e terreni e ci evitano di perderci in illusioni e nelle infinite costruzioni della mente. Ringrazio il mio corpo per permettermi di comprendere questo, e grazie anche a te per il calore che mi hai inviato e che arriva fin qui..

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