domenica 29 aprile 2012

La vita non è uno scherzo

"La vita non è uno scherzo
Devi prenderla sul serio,
Come fa lo scoiattolo, per esempio,
Senza nulla aspettarsi da fuori e dall'aldilà,
Altro non avrai da fare che vivere".
                                  Nazim Hikmet



Tra una pausa ed un altra trovo del tempo per aprire una pagina di un libro, a caso ed trovo questa poesia.
Adoro la potenza della poesia e quella del destino.
Hanno un po' la stessa intensità.
Se la poesia potesse prendere delle forme ed il destino anche andrebbero sicuramente sotto braccio insieme.
Perciò la vita non è uno scherzo certo, ma un gioco si e anche molto serio.
Nel frattempo continuo a prendermi una pausa in queste colline verdi e immagino che è come se sia il tempo giusto per capire al fondo e leggere le regole di questo gioco.
Mi tolgo le scarpe, ed ecco di nuovo i miei piedi lì davanti a me.
Sta arrivando l'estate, un altra volta e sento la pelle di nuovo nuda e sotto i miei il prato di queste colline.
Il viaggio, quello vero, sta iniziando e tutto sta nel prendersi la responsabilità di volerlo intraprendere: intravedere universi possibili di esistenza.
Sto imparando l'ardua arte della Verità, e la prima legge è che non ne esiste una soltanto, ma ne esistono infinite. Il vero potere è nel comprendere la propria e iniziare a manifestarla.
Come dice la poesia, non bisogna aspettarsi nulla, e tutto quello che c'è da fare è vivere.
Vivere.
Straordinaria esperienza.
Le aspettative sono nemiche dell'esperienza perchè in quale modo la limitano e la vita non chiede di essere limitata.

martedì 17 aprile 2012

La Natura Essenziale

Ho deciso di tirare l’ancora e rimanere un altro po’ in questo posto che in questo momento mi sembra l’unico posto dove io possa stare, il posto giusto per me. E’ come se il mio cuore, la mia anima e il mio corpo magicamente si allineassero e trovassero il loro equilibrio proprio qui: alla Città della Luce.
La Città della Luce è un luogo dove più di dieci anni fa alcune persone hanno deciso di ergere la loro casa e hanno iniziato a vivere insieme basandosi su concetti come condivisione ed evoluzione interiore. (La Città della Luce, link)
Oggi il sole è alto nel cielo, si respira un aria di ritrovata primavera e calore.
Sento un nuovo stato d’animo che emerge, forte, allegro e consapevole.
Sono stati due giorni di lavoro intenso individuale, ho frequentato un seminario di Reiki che mi ha permesso di accedere a nuovi stati di profonda comprensione e consapevolezza.
La chiamata a fare un lavoro su di sé può avvenire in tantissimi modi, per me è sempre stata una costante della mia vita e anche la motivazione più forte. Ho sempre pensato che l’unico vero viaggio che vale la pena di fare è quello interiore. Il linfoma, e la successiva consapevolezza a voler guarire, è stata la conferma e la spinta a procedere in questa direzione. Non per questo bisogna arrivare ad ammalarsi per allargare la propria consapevolezza e voglia di guardarsi un po’ più dentro. Sono innumerevoli le occasioni in cui qualcosa si accende dentro di noi e ci esorta a guardare più in la di ciò che riusciamo a toccare e guardare con  sguardo analitico e critico ben allenato e nutrito dagli stimoli che ci arrivano tutti giorni quando siamo immersi in una vita per forza di cose, molto spesso indipendenti dalla nostra volontà, mossa da fini consumistici.
Il Reiki non è conosciuto come dovrebbe. Io ritengo che sia una delle cose che più mi ha aiutato nella mia vita al livello di consapevolezza sulla strada della guarigione.
E’ molto difficile parlarne qui, apertamente con chi magari non sa neanche di cosa si tratti. Ma io voglio cercare di renderlo accessibile e comprensibile. Se solo ognuno di noi facesse un piccolo passo verso una dimensione meno concreta e tangibile, credo che molte cose cambierebbero.
Ciò che è tangibile, concreto, dimostrabile, è ciò che si distrugge più facilmente, è ciò di cui è fatto questo mondo che lentamente si sta sgretolando. Si sente che tutto scricchiola, non è più tempo per rimanere attaccati a materiali certezze che poco oramai hanno di solido.
Come al solito però la verità è sempre nel mezzo, ma per arrivarci bisogna sempre fare un passo verso la direzione opposta dove ci si trova.
Per meglio comprendere questo bisogna pensare al concetto del bianco e nero racchiuso nel simbolo del famoso “Tao” e che questo weekend ho potuto approfondire durante il seminario.
Tutto è formato da una parte di luce e una parte di oscurità così il giorno stesso: nel momento di più luce possibile, a mezzoggiorno, è lo stesso momento in cui inizia anche a calare il sole e quindi ad arrivare l’oscurità. Ogni evento è alternanza di qualcosa e del suo opposto: dopo un momento di massima gioia, ne succede un altro di massimo dispiacere e così via. Accettare questa alternanza e comprendere di come essa sia parte stessa della vita, anzi l’essenza stessa della vita, è qualcosa che prima o poi ogni persona può facilmente comprendere semplicemente facendo un bilancio della propria vita. Il problema è riuscire a smettere di soffrire per questa alternanza. Questo è, a mio parere,  lo scopo ultimo della vita : l’accettazione di un tutto che è insieme bianco e nero.
Non c’è bene o male, giusto o sbagliato.
Tutto è insieme e costantemente presente in ogni istante. Si inspira e poi si espira. Si nasce inspirando e si muore espirando.
Quanto può essere limitato fermarsi in un dualismo che tutto separa?
Comprendere che la realtà è fatta anche di ciò che non si può toccare, vedere, almeno secondo i  “canoni” più diffusi nella società.
Il problema è che non ci rendiamo conto che il sollievo, la vera guarigione e benessere, si trovano soltanto se si riesce a guardare un po’ più in là del proprio naso, di ciò che è dimostrabile, di quello che si è sempre verificato nella nostra vita.
Il nome Reiki, in lingua giapponese, indica l’energia vitale, che tutto pervade e che è ovunque, anche in noi.
Ecco questo non mi sembra così tanto difficile da comprendere: a parte il fatto che la parola “energia” sia super inflazionata e utilizzata in ogni modo ed etichettata come una parola da “fricchettoni” da molti, ma forse se si chiamasse in un altro modo forse ci sarebbero meno resistenze. L’energia è ciò che rende possibile il muoversi di ogni cosa, la vita, il nascere e  morire. Ciò che tiene incollato ogni atomo, ogni molecola se vogliamo parlarne in termini “fisici”. Se provassimo ogni tanto a fermarci, non  sarebbe tanto difficile sentire quest’energia che scorre dentro e fuori di noi. Questo può essere facilitato quando stiamo immersi in un ambiente naturale, ma in realtà in ogni istante della nostra vita è presente perché noi stessi siamo fatti di questa “sostanza”.
Perciò Reiki è l’energia vitale, più in particolare il termine Rei indica l’aspetto universale e illimitato di questa energia e Ki invece quello che scorre  in tutto e si manifesta e vive.
Esiste quindi un aspetto universale di questa dimensione che riguarda il tutto e poi il suo manifestarsi e poi uno individuale che riguarda il suo successivo scorrere in ogni cosa. Anche questo potrebbe sembrare un concetto new age, e per questo la nostra coscienza fa fatica a percepirlo come reale: anche qui, basta fare un piccolo sforzo pù in là.
Il Reiki è un metodo finalizzato alla guarigione che si basa proprio sul principio del lasciar fluire l’energia nel corpo tramite l’imposizione delle mani sul alcune zone in cui sono presenti dei blocchi: quello che si percepirà è un calore che si sprigiona dalle mani ed un conseguente senso di profondo rilassamento.
Il termine Guarigione va inteso come un movimento verso il compimento, verso la felicità, verso la autorealizzazione, verso la scoperta del proprio autentico Sè.
C’è molto da dire, ma alla fine penso che sono poche le parole che aprono  l’universo della consapevolezza: a volte può un immagine, un suono, un colore ed ecco che  si può  accedere a quella che è la “natura essenziale” di ogni essere umano:

Siamo nella nostra natura essenziale nei momenti in cui il corpo agisce appropriamente prima che il pensiero decida che cosa fare, o in cui diciamo delle verità prima ancora di sapere che cosa diremo. Di tanto in tanto entriamo naturalmente in uno dei tanti aspetti della nostra natura essenziale, e in queste esperienze di picco cogliamo un barlume di ciò che potrebbe essere l’uomo”. (Helen Palmer)

Ecco allora, mi abbandono, tra queste colline marchigiane, nel qui ed ora dell’esperienza a quella che è la mia natura essenziale e scopro un nuovo sentire che lentamente mette le sue radici nel più profondo dell’anima.


Verde Essenziale.



venerdì 13 aprile 2012

Esseri umani in cattività

Quando si vive in una grande città ci si dimentica che la vita scorre in modo molto diverso da quello che si crede. Ci sono luoghi in cui è possibile ritrovare questa dimensione e credo che sia di fondamentale importanza recarvici il più spesso possibile per mantenere viva quella sensazione e non lasciare che sfumandosi diventi un ricordo sempre più lontano e venga poi fagocitato dalla quotidianità con tutto il resto.
Sono approdata in uno di quei luoghi, uno di quelli a me più cari e finalmente inizio a sentire che le lunghe mareggiate che hanno recentemente invaso il mio corpo e la mia anima  cominciano a placarsi, molto lentamente.
Non è il luogo che fa la differenza: ho sempre creduto che se si riesce ad avere una tale centratura con se stessi ed equilibrio è possibile vivere ovunque. Fatto sta che però esistono alcuni luoghi in cui tutto questo è facilitato, dove l’unica strada da percorrere è quella che ti conduce all’essenzialità dell’essere. In questi luoghi non ci sono strade affollate, traffico inverosimile, asfalto sopra e sotto, semafori che lampeggiano, aria irrespirabile, spostamenti aggravati dall’impossibilità di trovare un parcheggio, file nei negozi per comprare, consumare, per non parlare poi dei rapporti con gli altri esseri umani. Nelle città sembrano tutti presi da progetti che riguardano solamente la propria individualità e interesse personale: ognuno chiuso in quella piccola scatola fatta di quattro mura di specchio che riflette soltanto l’immagine di se stessi con la quale diventa sempre più difficile confrontarsi, ma che ogni giorno sembra essere l’unico riferimento e appiglio per andare avanti.
Non si può perdere tempo: chi “perde tempo” inizia ad appartenere ad una parte di società che non produce, che non alimenta il macchinoso ed incessante procedere di questo freddo meccanismo.
Un meccanismo che sempre più inizia a cedere sotto il peso dell’incubo della cosidetta “crisi” economica che sebbene abbia creato enormi disagi e costringa molte famiglie a fare sforzi sovraumani, ha la sua “altra-faccia-della-medaglia” che ha costretto moltissimi inevitabilmente a fare i conti non più con cosa possedevano ma con cosa gli è rimasto e scoprirne il vero valore.
“Chi si ferma è perduto, risucchiato, annientato: non vale nulla”, sembra urlare forte e chiaro la voce di una società che sta arrivando al suo capolinea o peggio ancora a schiantarsi contro il muro dell’inevitabile confronto con se stessa troppo a lungo evitato che potrebbe portare al suo inevitabile suicidio.
Se per un attimo, prima di schiantarci e di arrivare laddove la riemersione sarebbe molto più dolorosa e faticosa invece immaginassimo una semplice cosa: il luogo in cui viviamo ci appartiene.
Cosa accadrebbe?
Se aprissimo gli occhi e ci rendessimo conto di far parte di un intero popolo che vive su questo pianeta, e che ha a disposizione (fino a prova contraria) una sola occasione di esistere e vivere su questa terra, io credo che qualcosa cambierebbe.
Di colpo apriremmo gli occhi e ci renderemmo conto la fatica di averli tenuti chiusi per chissà quanto tempo rincorrendo ciecamente uno scopo, un fine, non dettato dalla voce più profonda che ci abita intimamente, ma da chissà quale altra voce che un giorno ci disse “E’ così che va il mondo, devi fare questo e questo altrimenti non ne fai parte”, mentre in realtà  già respirare ed esistere vuol dire fare parte del mondo.
Io credo profondamente che soltanto iniziando ad ascoltare quel respiro che ci abita e rendendoci conto che in realtà è tutto quello che conta si possono compiere imprese veramente grandiose.
Per grandiose intendo tutte quelle imprese che celebrano e riconoscono questo passaggio sulla terra in armonia con il proprio universo intimo: trovare il modo di accordare l’interiore e l’esteriore.
Non c’è separazione, non c’è scissione, non può più esserci incomunicabilità:  quella scatola di specchi va rotta, e per farlo è necessario andare fuori da se stessi per poi specchiarsi nell’altro invece che nella gelida superficie specchiata del narcisismo e dell'ego-centrismo,   prenderlo per mano e lasciarsi prendere per mano (robetta da nulla..).
E’ un duro lavoro, ma che secondo me non si esplica in un risultato, ma nel tentativo stesso di raggiungerlo. L’equilibrio non è statico, è movimento.
Gli abitanti delle città sono come animali cresciuti in cattività, nati in un ambiente ricostruito e che lontanamente ricorda il loro luogo d’origine. A volte capita loro di osservare il cielo “ a quadrati”, tra un palazzo ed un altro (o peggio un grattacielo ed un altro) e sentire un vago sentimento nostalgico che con voce calda e amorevole sussurra all’animo dell’ignaro “ il cielo è molto più vasto di quello che vedi”.
Quando sento questa voce, oramai ho imparato a riconoscerla, immediatamente mi rendo conto che devo tornare li dove posso fermarmi, piantare i piedi nella terra in mezzo ad un campo e tendere le braccia al cielo contemplando la sua vastità. E’ per me una chiamata sempre più esigente, più presente che non posso ignorare. Ho imparato così a ritagliarmi momenti in cui poter fermarmi e apprezzare, ricordare che esisto a prescindere da ciò che faccio, che la natura è qualcosa di più grande di un triste albero piantato in un quadratino di terra in mezzo all’asfalto su lungo Tevere, e che si può respirare l’aria a polmoni aperti senza rischiare di essere intossicati.
L’adattamento umano è qualcosa di veramente stupefacente ed è ciò che ci permette di poterci “abituare” a quasi ogni tipo di situazione.
L’intelligenza è la più alta forma di adattamento diceva qualcuno e senza dubbio gli esseri umani possiedono questa incredibile facoltà.
Purtroppo non sempre è benefica, ci si può adattare, abituare anche a qualcosa che è estremamente dannosa e distruttiva. L’essere umano ha una capacità di sopportazione infinita: se convinciamo la nostra mente di qualcosa che volgiamo essa ci porterà là dove avevamo deciso, ci proverà in tutti i modi. L’ostinazione, la sete di successo, di conquista, di potere non viene placata fino al momento in cui si raggiunge l’oggetto del desiderio che una volta raggiunto viene divorato ma che troppo in fretta dimenticato e scartato, passando al successivo.  Nell’affannosa ricerca non ci si ferma mai a raccogliere pezzi di sé disseminati ed abbandonati  per strada, perché crediamo che appesantiscano la nostra corsa: in essi credo sia celato il segreto che ci può condurre ad un esistenza ricca di reali conquiste. Pensiamo che la corsa sia fuori di noi, verso qualcosa, per raggiungere una meta concreta tangibile, sfruttabile. Mentre troppo poco spesso ci si rende conto che l’unica strada che è necessaria e vitale percorrere è quella dentro noi stessi.
In realtà credo che arriva quel momento per ognuno, in molti casi è soltanto un momento: un balume, un’intuizione e  si aprono velocemente gli occhi. Ci vuole del tempo per abiuarsi alla luce e se questo avviene troppo tardi si rischia di danneggiare la retina, oppure di non riuscire a vedere tutti i colori e preferire per questo richiudere gli occhi e tornare ad un’esistenza “protetta”.
Per questo alleniamoci ad aprirli il prima possibile per riucire ad acquistare quell’allenamento che può farceli aprire con frequenza sempre maggiore.
Oggi apro gli occhi e mi sveglio: fuori dalla finestra vedo colline verdi, campi coltivati. Il cielo è coperto e sembra lì lì per piovere. Il silenzio è interrotto dai voli disordinati delle rondini che cinguettano e si rincorrono sfruttando le correnti d’aria calda primaverili ricordandomi che per quanto il tempo potrà peggiorare siamo in una stagione mite.
Sogno un giorno di potermi sentire con i piedi sulla terra e le braccia tese al cielo anche laddove il cielo non lo vedo e la terra non la sento: raggiungere quella consapevolezza inespugnabile di esistere ovunque e comunque vada.
Dentro di me una profondissima e ritrovata pace finalmente inizia a farsi spazio.
Respiro.

Citta della Luce, Ripe, Marche.

martedì 3 aprile 2012

Archivio blog