Da quando mi hanno rilasciata, e concesso la “libera uscita”, non
ho avuto più voglia di scrivere. Sono stata rapita dalla realtà, dai giorni che
scorrono nel loro contorcersi veloci e intensi.
Quando si esce dall’ospedale dopo un ricovero, la vita
riparte, come se fosse stata messa in pausa, ferma all’ultima immagine
nell’attimo prima all’entrata. E’ sempre vita quella vissuta “dentro”, ma ha
una sua densità particolare: le emozioni sono condensate, i sensi storditi, e
il tempo scorre in base ai ritmi fisiologici e ai bisogni primari. Tutto sembra
ridotto alla sua essenzialità in ospedale, non ci sono più fronzoli, accessori,
ammenicoli, pizzi e contropizzi. Tu sei e basta.
Per questo credo che queste esperienze di isolamento forzato
favoriscono il confrontarsicon se
stessi, certo non è facile, a volte è molto faticoso stare con se stessi e
basta, non avere distrazioni, possibilità di proiettare sé su qualcun altro. Eh
si! Abbiamo bisogno degli altri per vedere tanto di noi, sono indispensabili
molto di più di quanto non crediamo. E’ un dono poter avere qualcuno con cui
arrabbiarsi, litigare anche. Farlo con se stessi c’è da impazzire, per quanto
poi io sia per la pace universale, credo profondamente anche nella guerra
universale, se costruttiva.
Una volta uscita “fuori”, ecco allora che il disco che ho
messo in pausa giorni prima, riparte.
La strana cosa che accade è che tutto sembra ripartire molto
più velocemente, come se volesse recuperare il tempo in cui è stato messo in
pausa. Ecco allora tutto che inizia a girare con una velocità improbabile, gli
eventi iniziano a fagocitare tutto ciò che trovano.
Tutto si mischia, l’euforia comanda ed io eseguo. In quei
giorni mi sento come in un coctkail di colori e sonoletteralmente inghiottita dal succedersi degli avvenimenti.
Sono risalita sulla giostra ed ecco le luci, la musica, i colori. Tutto gira, e
io giro e cambio colore. Ed ecco che mi voglio stancare fino al limite,
esaurire ogni energia che ho in corpo perché è l’unico modo per sentirmi viva e
pulsante. In quei giorni è importante per me rompere la barriera di
consapevolezza e sentire cosa ha da dirmi la vita, al di là di quella pellicola
che sembra proteggermi. Mi ritrovo così in tardissima serata, direi mattina
quasi, dopo una festa e qualche bicchiere di vino, con in testa una parrucca rossa, a limarmi lentamente le
unghie in bagno, ancora vestita ed ascoltare lo scorrere limpido ma anche
totalizzante della vita.
Il tutto avviene in maniera consapevole, ho imparato come
funziona il gioco e mi piace giocarci.
Sono giorni in cui sono così stanca che non sono stanca, la
mia mente è vigile attenta, coglie ogni dettaglio che diventa importantissimo.
Quel dettaglio è l’idea per ciò che avverrà dopo, diventa il punto di partenza
di una nuova esplorazione.
La cosa bella è che ogni cosa si colora di nuovi
colori,diventa nuova lei stessa.
Forse anche io un po’ lo sono.
Mi piace osservare l’esplodere del nuovo, osservare tutto
ciò che cambia così velocemente dentro e fuori di me. A volte mi sento come
fuoco vivo, che arde e balla al ritmo di una musica silenziosa.
Il fuoco brucia tutto, trasforma ciò che è in un'altra cosa.
La materia si trasforma, per poi ritrasformarsi ancora. Oggi possiamo osservare
questo miracolo della natura tramite banalissimi cerini da cucina: la trovo una
che delle tecnologie più miracolose.
Ho saputo che in questi giorni ci sono delle tempeste di
sole incredibili, sono molti anni che non si verificavano. Le esplosioni di
sole sono così violente che arrivano, eliminando satelliti e tutto ciò che trovano,
fino all’atmosfera terreste, la oltrepassano e possono far saltare onde radio,
interferire con il wireless, i navigatori, mandare in tilt la comunicazione
terrestre. Un'altra caratteristica fondamentale è che le tempeste solari si
manifestano ai poli con delle incredibili aurore boreali. Siamo protetti
dall’atmosfera terrestre e gli esperti dicono che non può succedere nulla agli
esseri umani. Ma io non ne sarei così sicura.
Quel fuoco, anch’esso trasforma ciò che trova. Elimina il
superfluo, le connessioni, la radio, che a tanto parla per parlare, il
navigatore che ha lobotomizzato un po’ tutti, il wireless..
Mi lascio così invadere da questo fuoco invisibile che
arriva fino a dentro le mie viscere, che trasforma e avvolge tutto ciò che
incontra. Fa saltare le connessioni, mi riavvicina all’essenziale.
Ho voglia di essenzialità, la esigo.
Voglio scegliere che tutto il superfluo come per magia cada,
e riveli ciò che è esattamente sintonizzato con ciò che sento. Non aver più
bisogno di inutili attrezzi di interferenza, nessun navigatore che mi dica cosa
fare. Riconoscere la strada e sentirla. Adesso, qui, nuda di tutto ciò che non
serve, veramente.
La strada è ancora lunga, c’è tanto da bruciare. Ma confido
nelle tempeste di sole, nella mia amica buona sorte che osserva e dirige ogni
cosa pur essendo bendata, o forse proprio per quello lo fa così bene, e nella
vita che tesse i suoi fili per poi rivelare una trama sempre inaspettata.
Brucio e vado avanti, e osservo centinaia di aurore boreali
in me.
Eruzione solare del 29 gennaio 2012.
#9
Ogni giorno, adoperiamoci per cercare qualcosa di
elevato e profondo da donare a noi stessi
e a chi ci sta intorno.
Questo è il vero nutrimento per l'anima.
Foto by Steve Mccurry- al Macro, testaccio, Roma. Ipnotica.
Spesso la gente crede una cosa solo perchè ci credono anche gli altri.
In psicologia questo si chiama "prova sociale". Ma la prova sociale non è sempre esatta.
Quando la gente è incerta su che cosa fare guarda gli altri per avere un orientamento.
Famoso l'esperimento chiamato influence riportatonel libro di Cialdini: qualcuno si mette a gridare: "Aiuto, allo stupro!". Due persone (che fanno parte della stessa messa in scena psicologica) continuano tranquillamente a passeggiare, ignorando le grida d'aiuto. Il soggetto dell'esperimento è incerto se rispondere all'appello ma, quando vede le altre due persone che si comportano come se niente fosse, pensa che quelle grida d'aiuto siano insignificanti e decide di ignorarle anche lui.
Usare la prova sociale è un modo sicuro per limitare la vostra vita: per comportarvi esattamente come tuti gli altri.
Considerate le cose nel contesto della vostra vita, guardate se hanno un senso per voi.
Osate ascoltarvi nel più profondo. Da qualche parte c'è una voce che vi dice esattamente che cosa fare.
Il successo si ottiene quando si ha la temerarietà di rompere gli schemi e seguiere quello che si crede. Nessuno può dirci cosa fare, niente può darci la conferma che stiamo agendo nel giusto.
A volte chiediamo consigli ad amici e parenti. Per quanto in buona fede essi possano consigliarci, ciò che ci dicono è sempre il prodotto della loro visione e delle loro proiezioni sul mondo.
Ascoltiamoci, abbiamo dentro di noi tutte le risposte.
E se proprio vogliamo, cerchiamo ispirazione dai "grandi".
Siamo quello che pensiamo. Tutto ciò che siamo nasce con i nostri pensieri.. Noi creiamo il nostro mondo - BUDDHA
Mi affaccio alle finestre sulla città, dalle quali ogni giorno
scruto ciò che accade e mi sembra di intuire che sia proprio sabato sera. Sarà che riconosco
quell’atmosfera respirata chissà quante volte, che seppur rarefatta riesce ad arrivare
fin qui, fino al settimo piano di questo gigantesco galeone che stasera mi
sembra più grande del solito.
E’ un aria in movimento, di attesa, di “facciamo quel che
facciamo basta che facciamo”, il mettersi in fila per non arrivare mai,
decidersi all’ultimo per poi ricambiare idea subito dopo, cercare parcheggio e non trovarlo. Il sabato sera a Roma, se capiti per sbaglio sul lungo
Tevere, oppure sull’Ostiense oppure Testaccio, insomma in quei posti
frequentati da quelli che io chiamo “i topi fuori dalla gabbia”, che si ritrovano
tutti insieme fuori dalla gabbia nello stesso momento e non ci capiscono più
nulla; maledici il momento in cui ha deciso di abbandonare il divano
e quel film che ti interessava tanto che proprio stasera volevi vedere. Per fare cosa poi? Precipitarti
fuori di casa, essere frullato nelle arterie pulsanti di una città che sembra
non aver mai vissuto prima, che poi ti fagocita e ti risputa sempre nei soliti
posti dove ti ritrovi con la solita gente, tu con la solita faccia ma sempre un
po’ più stanca e annoiata.
E’ da un bel po’ che
non mi appartiene più questo sabato sera, un po’ perché ho deciso, un
po’ perché no, ma nonostante questo sento ancora viva quella sensazione sulla
pelle come il ricordo di una vecchia abitudine. Guardo attraverso la finestra e
cerco uno spazio in lontananza dove far riposare questi pensieri, ed ecco che intravedo sul riflesso del vetro, alle mie spalle, la porta che si apre e un
sorriso che si affaccia accompagnato da un “E' qui la festa?. E’ venuta a
trovarmi una mia amica, la mia
Amica, sono quasi 20 anni che ci conosciamo e sempre ci diciamo che faremo una
gran festa quando sarà, ma nel frattempo ci festeggiamo ogni volta per
prepararci.. giusto per non arrivare impreparate!
Con il suo stile inconfondibile sfila fuori da una
busta di carta il perfetto kit da aperitivo che comprende: tartine di ricotta e
crudo e due meravigliose bottigliette di prosecco “Maschio”, che io trovo
geniale per il suo nome, sicuramente l’inventrice del nome sarà stata una donna
e pure molto ironica.
Non siamo più in un galeone, improvvisamente siamo in una suite di un
albergo di lusso, con vista sullo skyline delle città e stiamo sorseggiando prosecco fresco : tutto può in un secondo
essere il contrario di tutto in questo magico luogo.
Eppure è quasi una settimana che sono qui dentro, ed ogni
giorno è stato così differente, mutevole.
A volte mi sembra che la realtà sia li a prendersi gioco di
me, ogni volta che mi trova convita di qualcosa, ecco che mescola le carte e
nuovamente e mi sorprende.
Inafferrabile. Mi sono lasciata cullare questi giorni
da alternanze di stati d'animo , desideri e insofferenze, consapevolezze. L’altra sera
mi sono ritrovata anche a parlare di Reiki e di vite passate con alcune
infermiere e scoprire che qualcuno in ospedale si accende anche un incenso di
nascosto quando tutti dormono ed io mi sono sentita così sollevata ed ho
chiesto subito di avere una candela in camera.
Vivendo qui scopri giorno dopo giorno come si sono costruite le "routine". Settimane dopo settimane, turni su turni di meccanico ripetere, e te ne rendi conto soltanto quando
inizi anche tu a farne parte: ecco che però riesci ad andare oltre alle apparenze, a quelle facce spesso scocciate
di infermieri e medici che in realtà sono soltanto annoiati anche loro di
ripetere i soliti protocolli e non perché ce l’hanno con te (mai, dico mai,
prendersi nulla sul personale regola fondamentale).
Tutto è mutevole, il cibo in
particolare sembra aver assorbito questa incredibile proprietà. Un giorno ti
danno soletta per le scarpe, il giorno dopo cannelloni ripieni con ricotta e
spinaci. E’ tutto fatto apposta per confonderti le idee, questo mi sembra
oramai chiaro. Ed io mi affanno a volte a star dietro a questo cambiamento a
volerlo controllare a modo mio, perché se mi rassegno mi sembra di perdere
qualcosa. Allora ecco che apporto cambiamenti miei, imparo a staccarmi le
flebo, nascondo le medicine, mi rifiuto di fare l’ennesima lastra, che poi in
realtà tutto per sbattere un po’ i piedi per terra e cercare di movimentare la routine, uscire dal protocollo.
Stasera me lo voglio proprio godere questo prosecco in questa
splendida suite a lume di candela, e brindare sulla città con la mia amica ed
ascoltare le sue avventure che mi fanno sempre tanto sognare. “Chissà se mi fa male
bere”, penso, ma dopotutto mi va e credo che sia tutta salute guadagnata ogni
volta che assecondiamo una richiesta che viene dal cuore.
Da quassù Roma adesso sembra così lontana, senza confini,
rilassata, le luci brillano e non si sente nessun rumore di macchine.
Può ogni cosa cambiare così in fretta? Ogni pensiero
portarmi prima da una parte per poi concedermi di vedere tutto l’opposto..
Dopotutto, continua a divertirmi, stupirmi e incuriosirmi
questa “mutevolezza”.
Sorrido dentro di me, e poi alla mia fraterna amica: alziamo
in alto i calici di “Maschio” e scoppiamo in una fragrante risata augurandoci, un estemporaneo ma azzeccatissimo : Buon Anno.
"Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo.
La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perché è proprio la crisi a portare il progresso.
La creatività nasce dall'ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura.
E‘ nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni. La vera crisi è la crisi dell'incompetenza.
Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti.
E‘ nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza. Parlare di crisi è creare movimento; adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo. Invece di questo, lavoriamo duro! L'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla".
Non c’è cosa simile alla grandezza del mare se non
l’emozione che esso ti suscita.
E’ un emozione indescrivibile: sul mare la tua anima può
finalmente volare: orizzonte liquido dove fondersi.
Stamattina i miei pensieri andavano cercando tra i ricordi
di un mare in particolare, il mare della Sicilia. In questa terra meravigliosa,
il mare in alcuni punti è
costellato da frammenti di terra, isole, che sembrano pietre preziose in un
manto di velluto blu.
E’ proprio vero che i più grandi viaggi dell’anima si fanno
in quattro mura, dove la mente non può essere distratta da ciò che c’è fuori e
può vagare perdendosi in ricordi e immaginazione.
E’ un perdersi così denso, la realtà assume i tratti del
sogno.
Lascio così vagare la mia mente, che si perde e si ritrova su questo mare.
Immagino di camminare a piedi nudi sul lungo mare di un
piccolo paese davanti alle isole Eolie.
Ho addosso ancora il sale della giornata di bagni, i capelli
sono umidi e la sabbia disegna divertenti rivoli sulle mie gambe. Le isole si vedono
in lontananza ed è quasi tramonto, il sole luccica i suoi ultimi raggi caldi, i
più preziosi e intensi, sull’acqua
che li accoglie e li fa vibrare come frammenti d’oro e d’argento vivi. Respiro, e nell’aria c’è già la
frescura della notte che attende il suo turno.
Il cielo è uno sciogliersi di colori l’uno con l’altro, i blu si fondono con i rossi ed ecco il
viola, il giallo e l’arancione con il rosa e il bianco delle nuvole che si
espandono, si contraggono, quasi partecipassero anche loro al ruotare della
terra.
Mi avvicino a riva, immergo i piedi nell’immobile acqua,
sento la temperatura, è caldissima.
L’acqua è uno specchio, in lontananza un peschereccio, la
spiaggia è quasi deserta, ci sono ancora bambini che giocano e le loro mamme
che cercano di trascinarli via perché oramai è ora di cena.
I gabbiani si fischiano e si rincorrono, facendo risuonare
le loro grida.
Lascio andare il pareo sulla sabbia ancora calda, e piano,
piano mi immergo in mare.
Io non esisto più, i miei contorni sono fatti d’acqua, i
miei occhi di luce di sole.
Vorrei riportare una poesia, di una carissima persona, che
vive in questo posto meraviglioso: il signor Pasqualino.
E’ il nonno di una delle mie più care amiche, una sorella
per me, e qualche anno fa sono stata ospite dalla sua accogliente famiglia,
ricordo sempre con gran calore quell’estate e con delizia le cene e i pranzi
trascorsi insieme.
Il signor Pasqualino è secondo me uno dei più grandi poeti
siciliani esistenti. Nella sua poesia c’è una realtà, una spontaneità e
dolcezza così pura a volte. Riesce
a comporre poesie in poco tempo, ogni giorno non so quante ne produce! E’ una
casa editrice di poesie fatta uomo, ha una fantasia e creatività e produttività
incredibili. Ogni poesia la dedica ad un nipote, alla sua amata moglie, figli, oppure al mare e a tutto ciò che lo circonda. Mi sono fatta scrivere allora alcuni versi sul mare, perché
chi più di lui, che ogni giorno si affaccia e vede davanti a se questa distesa
d’acqua può meglio scriverne. E così è come si ci fossimo incontrati su quel
mare, grazie alla magia delle
parole. Anche il signor Pasqualino sta attraversando un momento un po’
complicato e ci siamo ritrovati aa condividere questo viaggio a volte insieme, a farci forza. Allora, forza sempre, dall'alba al tramonto..!
M'AFFACCIU O BACCUNI E VIDU U
MARI.
M'AFFACCIU A MATINA O BACCUNI E VIDU U MARI,
I GABBIANI SI VIDUNU VULARI.
L'ISULI DI LIPIRI PARUNU VICINI,
E I VADDU E MI RICODDU I TEMPI DI SARACINI.
I PISCATURI IETTUNU A RIZZA PI PISCARI,
E TANTI PISCI BONI VONNU PIGHIARI
A RIVA E' TUTTA CHINA DI BEDDI CARUSI,
OGNUNU AVI NTESTA I SO USI.
ARRIVA ALL'IMPRUVVISU NA CARUSA ROMANA,
BEDDA GIUIUSA E DI CORI SANA.
CURRI NTA BOTTA DU MARI FURIUSA,
A VADDU DI LUNTANU E DICU BIATA TU CHI ANCORA SI CARUSA.
CUNTENTA ERA E FILICI,
VADDANDU U MARI CALMU E TUTTU BENI DICI.
FINIU U TEMPU DI VACANZI,
MANCIAVA TUTTU CHIDDU CHI CERUNU NTE PRANZI.
I SO OCCHI BRILLAVUNU COMU STIDDI,
U VENTU CI FACIA SVULAZZARI I SO CAPIDDI.
AFFACCIATA O BACCUNI IDDA FACIA,
O MARI BELLU E AZZURU NA FOTOGRAFIA.
U CORI U LASSO NTO MUMENTO,
FINIU PI IDDA U SO DIVITTIMENTU.
In merito ad
una riflessione che mi ha fatto fare un caro amico commentando il mio recente post "Macchine", vorrei
riportare questa riflessione, necessaria se ci si imbarca nella discussione di
ciò che riguarda la guarigione, la sanità, i medici, ecc. E' un argomento molto
delicato, pieno di contraddizioni, difficilissimo da affrontare. Sì, metto le
mani avanti! E anticipo: questo è come vedo io la realtà, in base alle
esperienze personali che ho fatto, spero possa far riflettere ognuno e
facilitarlo nel trovare la sua di visione.
Fino a prima di ammalarmi, avevo una visione molto
forte riguardo alla medicina. Non prendevo farmaci, osservavo la simbologia di
ogni sintomo, mi curavo con il cibo, e non avevo una gran fiducia del sistema
scientifico . Anche perchè credevo che ogni cosa certo è vera se è
dimostrata, ma credevo anche che ogni cosa può essere dimostrabile perchè siamo
noi che creiamo la nostra realtà.
Credo che tutto questo sia ancora vero, ad un certo livello,
ma credo anche che bisogna essere tanto, tanto illuminati per riuscire a
"muovere" certe cose. Le guarigioni istantanee avvengono, sì, ma sono
casi molto rari. Riuscire ad estirpare una causa profonda che ha portato un
individuo ad ammalarsi non è cosa semplice, perchè spesso è sepolta nel suo
inconscio più profondo. Credo che ogni cosa che ci accade è psicosomatica, nel
senso che psiche e corpo sono correlati, ma la capacità di "guarire"
questa connessione una volta che essa si interrompe o inizia a prendere
delle pieghe malsane, è cosa molto più complessa.
Nell'ambiente
della medicina "alternativa", che io chiamerei più adeguatamente
"complementare"- perchè non è un alternativa ma completa, a mio
parere, la medicina allopatica
tradizionale - è diffusa l'idea che la persona malata sia lei stessa ad essersi
causata quella malattia. Ci sono persone che vedono coloro che si ammalano con
occhi quasi di disprezzo: " Eh poveretto quello non è riuscito a risolvere
il conflitto con il padre, ti credo che si è slogato l'anca destra! ". (Che
poi, scusate, chi è che veramente riesce a risolvere un tale conflitto, e
ancora, quand'è che veramente è risolto? E poi il Padre non è forse un
archetipo così grande che abita ognuno di noi, è veramente possibile
risolverlo? Oh padre abbi pietà di noi, Amen.)
Io non escludo
nulla, sono convinta che il nostro corpo ci dia alcuni "segnali"
molto evidenti e molto precisi, che se noi riuscissimo a cogliere anche
soltanto un decimo di quelli che non cogliamo, invece di impasticcarci
automaticamente senza previa riflessione,
potremmo vivere in uno stato di salute ed energia vitale molto più alta.
Ci sono infiniti modi per scoprire questo linguaggio, per ascoltarlo, imparare
ed evolversi. Se solo ci ascoltassimo un po' di più! Potremmo vivere una vita
molto più Sana e in Equilibrio. (Mi metto in capo alla fila con la mano alzata
di tutti quelli che non riescono ad ascoltarsi, e pensa te che io mi arrovello
a pensare anche più del dovuto..)
Ma così non
accade, e allora ci si ammala, il nostro corpo si gonfia perchè mangiamo male,
o è mal nutrito, mal di testa, umore a pezzi, tossine su tossine... Insomma,
“non ascolto” che si accumula e accumula fino a diventare cronico.
Prima di
arrivare a gravi complicazioni, ci sono tantissime strade da percorrere per
trovare un equilibrio psicofisico. Esistono percorsi psicologici
(psiche=anima), poi ci sono tutte le discipline Olistiche, c'è la Naturopatia, l'Omeopatia,
la Medicina Cinese, l’Ayurveda, la floriterapia, la nutrizione, discipline come
lo yoga, per non parlare di tutte tecniche che lavorano con il Chi, la
Meditazione, L'Ayuvedica, il Reiki... E tanti, tanti altri percorsi incredibili
e validi che se coltivati con la giusta dedizione, ho visto portare a risultati
sorprendenti. (attenzione anche qui esistono molti ciarlatani, e spesso ti
arriva tanto fumo negli occhi, bisogna essere molto abili a saper osservare con
un dovuto spirito critico..)
Ma questo può
non bastare.
Ho visto
ribaltarsi tutte le mie credenze di fronte alla scoperta e poi diagnosi di un
linfoma e alla conseguente scelta di affrontare tutte le cure tradizionali. Io
che andavo a tutti i corsi di yoga, ero vegetariana da tre anni, meditante,
studiavo psicologia e professavo l'amore cosmico, mi ero ammalata di tumore !
E mi sono
ritrovata a dover affrontare le mie credenze più radicate, molte le ho dovute
estirpare come erbacce pericolose e velenose, altre farne prezioso uso nei
momenti più critici.
Ho visto che
quello che veramente mi limitava era il limite che mettevo io stessa.
La separazione
tra: questo è bene e questo non è bene, non porta a niente: ogni separazione di
per se è perdita di qualcosa.
Perciò io credo
nell'integrazione, ed ecco perchè dico che tutte le varie "medicine"
sono complementari e non alternative, perchè il termine "alternativo"
di per sè esclude porzione di verità ed occasioni di guarigione.
Qualsiasi sia
il motivo per il quale ci si ammala di tumore (tutt'ora oscuro alla medicina
tradizionale), non è più importante quando ti viene diagnosticato. E' una
malattia troppo aggressiva per essere curata con la comprensione dei meccanismi
che avrrebbero potuto causarla: conflitti irrisolti, traumi familiari, cause
ambientali, genetiche, karmiche, spirituali, vite passate…
Mi sono così
affidata nelle mani della medicina, ma non ad occhi chiusi.
Ho tenuto
sempre un occhio chiuso rivolto all'interno ed uno aperto verso l'esterno.
E sono andata
così ad indagare parallelamente anche tutte le possibili cause che mi hanno
portato ad ammalarmi, comprendendole, accettandole e ringraziando anche il
linfoma per avermi permesso di vederle.
Ma ho fatto e
sto facendo tutti i cicli di chemioterapia necessari, e tra qualche mese anche
l'autotrapianto di cellule staminali.
Sono venuta
così a conoscenza di un mondo a me ancora sconosciuto e per certi versi anche
criticato.
Ma ora la mia
visione è stata rimodellata, ampliata, e io ne sono grata per questo.
La medicina è
una cosa sacra e ha un valore inestimabile. Oggi sono stati fatti dei progressi
incredibili , ogni giorno ci sono nuove scoperte vengono salvate milioni di
vite. Se oggi non si muore più di raffreddore è grazie alla medicina. Se
l'aspettativa di vita si è allungata è grazie alla medicina. Se noi adesso
siamo qui, è grazie alla medicina e alle sue scoperte.
A volte ci
dimentichiamo da dove veniamo, che in antichità si moriva a 30 anni, che se ti
beccavi una polmonite, ciao. E per non parlare dei tumori. Beh, cosa dire. Qui
potrei scrivere un infinità di cose.
Oggi molte
tipologie di tumore sono guaribili, e si può allungare la sopravvivenza in
molti atri casi per addirittura anni, o addirittura convivere con un tumore è
oggi una realtà molto frequente. Hanno perfino inventato la chemioterapia in
pasticche! Oramai siamo lontanti dall’epoca in cui il cancro era visto come un
male oscuro incurabile. Magari tra
cent'anni basterà prendere una pasticca e il tumore andrà via il mattino
seguente.
Siamo in un
epoca di transizione su infiniti livelli, e anche su questo. La medicina non
può guarire ancora tutto, ma vi assicuro tanto è stato fatto. Ho stima
per tutte le persone che si battono per la ricerca scientifica, per i medici
che lavorano perchè credono in quello che fanno, salvano vite, per gli
infermieri e tutte le persone che ogni giorno scendono sul campo di battaglia e
combattono, e certo non tutte le battaglie si possono vincere, ma fanno parte
di una guerra che da certi punti di vista io la vedo già vinta.
Putroppo oggi i
tumori sono diffusissimi, e come diceva Veronesi recentemente in un intervista:
"Oggi una persona su tre ha un tumore. Perciò non bisogna chiedersi se
avrò un tumore, ma che tipo di tumore avrò." Con questo non voglio
allarmare nessuno, ma soltanto portare l'evidenza dei fatti per quello che
sono.
Allora
prendiamo questi dati di fatto, e attrezziamoci di conseguenza..
La battaglia
che porta alla guarigione, secondo me,
si vince se si riesce a mantenere una visione sempre più ampia, se non
ci si sofferma ad un sintomo ma con curiosità si cerca di indagare sul
significato, si esplorano tante soluzioni.
La medicina è
necessaria, in questo caso, quanto
lo è l'idagine sul sè.
L'una completa
l'altra.
Il termine terapia deriva dal greco
θεραπεία (therapeía) e ha il significato di cura, guarigione.
Platone ha usato questa stessa parola nel dialogo Eutifrone,dove
Socrate la definisce come "cura degli dei".
“Quando ti occupi di guarire, stai facendo un'opera
sacra”, scrive lo psichiatra e amico Eldo Stellucci, in un breve suo scritto, e
io non mi posso che trovare d’accordo con lui.
Stiamo parlando di qualcosa che è stato dimenticato
oggi da molti medici che svolgono il loro lavoro.
Questa sacralità è stata mantenuta in discipline che
oggi vengono definite “alternative” e vengono dispezzate e tenute in poco conto
nell’ambiente scientifico.
Visto che non si può cambiare tutto un intero sistema,
almeno, io non ho questa volontà, e sinceramente ho tante altre cose che vorrei
fare, almeno posso con gli strumenti che ho cercare, almeno tentare, di
rimediare a questa “dimenticanza” e non fermarmi a subire passivamente e
meccanicamente le “cure” estirpate purtroppo dal loro terreno cumune di
significato di guarigione intesa come “sacra”. Le accetto, le ringrazio, ma a modo mio faccio di tutto per
completarle.
Concludo
riportando quelli che sono secondo Ippocatre, di cui famoso è il giuramento che
fanno tutti i medici, chirurghi e odontoiatri all'inizio della loro
professione, gli strumenti terapeutici
del medico, questi sono: il tocco, il rimedio e la parola. Da ciò che ho potuto constatare, è
quasi tutto oramai centrato sul rimedio da somministrare a secondo della
patologia.
Mi piacerebbe
che ci fosse più parola, sarebbe bello che i medici fossero più aperti al
dialogo, che invece di compilare moduli di anamnesi standardizzati, ci fosse
proprio un colloquio con ogni paziente per identificare la sua storia, da dove
viene, chi è quella persona, la sua storia familiare…
Così come che
ci fosse più “tocco”. Al di là di tutti quei guanti bianchi, camici,
protezioni, quando accade che c’è un contatto vero tra medico e paziente già
quello è uno strumento terapeutico, ecco sarebbe bello che ci fosse anche
questo (io poi che sono così per il contatto, a volte mi ritrovo a stringere
una mano ad un infermiere, attaccarmi al braccio di qualche medico, per
l’incredibile distanza che si percepisce, e poi certo ci sono anche dei medici
niente male che ti viene proprio voglia di abbracciarli!! Ma quello è un altro
discorso.. )
Riporto di
seguito il video e un articolo che racconta del dottor. Maurizio Grandi, medico specialista in Oncologia Clinica e Immunoematologia a Torino, che cura i suoi pazienti, curando anche la loro anima.
Il video è diviso in due parti, la prima tratta di bioetica e la seconda di guarigione. Per rimanere in tema andrei subito alla seconda parte. E' veraramente illuminante, parla anche di barche, tempeste.. L'ho trovato molto sincronico. Buona visione!
martedì 17 gennaio 2012
#8
Sfidarsi, e poi sfidarsi ancora,
per realizzare i propri obiettivi.
Non arrendersi. Agire, imparare, dialogare
e poi ancora imparare. Come risultato di questa costante
e instancabile sfida,
si spalancheranno davanti a noi vasti orizzonti inesplorati.
In realtà l’ospedale non è nient’altro che un’enorme
officina riparatrice per macchine rotte.
Appena entri ti fanno riempire un lunghissimo e
standardizzato modulo, illeggibile da quanto è scritto male e anche perché
l’inchiostro è oramai trasparente da quante volte è stato fotocopiato.
Semplicemente devi mettere una “x” nel quadratino che ti indicano
distrattamente e una tua firma leggibile acconsentendo che da quel momento in
poi, loro hanno il totale via libera a poterti sottoporre qualsiasi trattamento
loro ritengano opportuno senza più chiederti il consenso.
Perché secondo loro tu hai smesso di funzionare, e adesso
sei li per aggiustarti e loro sanno esattamente come farlo.
Ti assegnano un numero, da quel momento non sei più Pinco
Panco, ma semplicemente 715, 730, 245, 510 e l’unica cosa che ti
contraddistingue è quel numero davanti a tutti che indica di quale settore fai parte. Tu non esisti più, sei appena stato catalogato.
Ti parcheggiano nella cella, che coincide con il tuo numero e
da li partono con il loro lavoro.
Sveglia alle sei del mattino: iniziano i primi controlli e
chek up, per andare ad individuare il danno, la parte fallata, il pezzo non
funzionante, per poi poterlo attaccare con tutti i loro strumenti a
disposizione che maneggiano con estrema destrezza oramai come se fossero
veramente bulloni e chiavi inglesi.
Ti intubano, controllano la pressione, ascoltano se c’è troppa aria nel
motore, e l’olio è al suo giusto livello; ti assegnano compiti da fare,
controlli, devono essere al corrente di tutti i liquidi che entrano ed escono
nel tuo corpo, il bilancio deve sempre essere perfetto e se non lo è ecco che
prontamente ti somministrano l’antidoto: ogni equilibrio deve essere
scientificamente e matematicamente rispettato. Tutta l’intera giornata è
scandita dai ritmi calcolati dello scadere delle ore di tale farmaco, di tale
controllo: tutto è già stabilito.
Sanno già cosa fare in caso di questo o quello dovesse accadere. Oggi mi hanno
detto “non ci sono supposizioni, noi usiamo solo strumenti”.
Del cibo rimane soltanto l’idea del cibo, o almeno l’idea
che il cibo sia carburante, ecco quest’idea, ancora più confusa, e sbiadita,
proposta ogni sera in piatti di plastica incelofanati. Ovviamente servono primo
secondo, contorno e frutta: come è giusto e sano che sia. Tutto è sigillato, messo sotto vuoto, non prima di
essere stato cotto una prima volta e una seconda volta a 180 gradi in forno, in
caso non bastasse a sterilizzarlo. Cosa ne rimane delle proprietà nutrizionali,
delle vitamine, dei sali minerali? Masticare una soletta di una scarpa
forse fornirebbe apporto nutritivo
di un petto di pollo che ho tentato di addentare oggi.
Non conta se ti senti bene, conta solo quello che vogliono
dire quei numeri su quei fogli.
Non importa se un giorno ti svegli e ti è passata la febbre
e te la sei misurata già 3 volte e glielo dici. Ti rispondono subito che devi
rimisurare ogni mezzora perché è così che si fa. Non importa se sai da quando
hai 8 anni di avere la ritenzione idrica di un un ippopotamo se mangi certe
cose, e sai che è normale, per
loro non lo è.
Molti dei meccanici si nascondono dietro questi metodi, per
non sentire, per non doverti guardare negli occhi: ogni volta che manchi uno
sguardo ti rendi conto di quanto sia fondamentale per loro tenere il controllo.
Io capisco.
E’ importante non lasciare che un emozione trapeli, perché
emozionarsi non fa parte del protocollo. Provare un emozione profonda e sincera
o un empatia sarebbe come disseminare mine all’interno della loro amata
officina: potrebbe saltare in aria. Le emozioni sono tutto il contrario del
controllo.
E poi dopotutto come si fa a provare emozione nei riguardi
di una macchina? Pura follia.
Ho visto sguardi fuggire dopo aver pronunciato una diagnosi.
Mi sono sorpresa e ritrovata in un vuoto disarmante.
Molti di loro, sono così assuefatti dal ripetere ogni giorno
la stessa cosa, che la fanno come se stessero svitando una macchinetta del
caffè, e invece ti attaccano una flebo.
Ho imparato però
a sopravvivere qui, a parlare il loro codice è questo mi ha aiutato
anche. Per fortuna ho una grande dimestichezza con le lingue e riesco ad
attaccare bottone anche ad un sanpietrino (pietre caratteristiche che rivestono
alcune strade romane).
Ma non esistono solo meccanici così, c’è un'altra speciale
categoria. Attenzione questo è un segreto ma sento di poterlo condividere
serenamente: ci sono anche “Persone” travestite da meccanici, all’interno
dell’officina. Sì persone, esseri Umani! Eh lo so difficile a credersi anche perché
fanno di tutto per sembrare meccanici, ma li puoi riconoscere da tre facili
cose: sorridono, ti chiamano per nome e ti guardano negli occhi.
Hanno poi un modo, ognuno il suo, di farti rendere conto che
sono li apposta per te. E non è una categoria specifica di meccanici. Basta una
visita notturna di un meccanico che fa il turno di domenica e voleva sapere
come stavi, oppure l’accortezza
nel procurarti un cuscino in più perché la notte non dormi con meno di due
cuscini.
Ecco allora che se hai la fortuna di incontrare una di
questi “speciali” meccanici la sera prima di dormire o la mattina appena
sveglio, sai per certo che dormirai serenamente, o che la tua giornata scorrerà
più leggera, perché sai che quello speciale meccanico, ti ha visto e si
prenderà cura di te e non solo della macchina che abiti.
Vi presento, con la gentile concessione di un mio caro amico che adesso, beato lui, se ne sta in tailandia a sollazzarsi, il Galeone Regina Elena.
Ha tre alberi, è fiero, calvalca le onde, sfida le intemperie. E a guardar bene c'è anche un equipaggio di prodi giovani sul ponte di prua che controlla il mare.
Proprio come me lo immaginavo. E' proprio vero che a volte, come diceva il grande Einstein, l'immaginazione è ciò che precede la realtà.
(anche se in effetti figurati se non esisteva una barca con il nome della suddetta Regina, ma vederlo è stata comunque un emozione..)
Si sa che come effetti
collaterali della chemioterapia si ha innanzitutto un abbassamento dei famosi
globuli bianchi, tant’è che due giorni fa facendo le analisi mi hanno
comunicato che i miei globuli erano 300: il minimo per una persona “normale” è
4000, ergo, pochini.
Fatto sta che da quando mi
hanno detto che erano 300, io ho iniziato a immaginare l’armata dei 300 "nani
bianchi" :) come un armata invincibile.
Immaginavo dentro di me
questi trecento valorosi combattenti, pronti a schierarsi dalla mia parte,
pochi si ma invincibili. Ognuno
con il suo scudo, la sua spada tratta, pronto anche a morire per me: quasi commovente.
Trecento, sono tanti: tre
volte cento. Tre centinaia di soldati tutti per me.
Ma quanti globuli poi
servono per far fronte ad un infezione dopotutto?
E poi se io non mi voglio
ammalare non mi ammalo, deciso.
Posso controllare la mia
mente, il mio corpo, tutto è sotto controllo.
E che sarà mai se una mia
amica con il raffreddore mi viene a trovare, mica me lo attacca! No, queste
cose a me non succedono, io sono molto più forte.
Ci sono dentro di me
trecento globuli bianchi pronti a partire aspettano solo un mio comando.
E poi io sono protetta, già.
Ho un alone invisibile che mi protegge, una bolla blu enorme impenetrabile.
Bene, questi erano i miei
pensieri fino a ieri, adesso sto scrivendo dalla stanza 715 del Regina Elena.
Già un imbarco improvviso,
cosette, alla fine che sarà mai svegliarsi la mattina con 39 di febbre?
Rieccomi perciò qui, punto e
a capo e ne avrò per alcuni giorni.
Questo rientro improvviso ha
colto di sorpresa la mia ciurma. Ma eccoci di nuovo qui per mare, e se ci sarà
tempesta o meno si saprà dal bollettino di domani.
Un ennesima occasione per
riflettere, bene ci sto.
Questa volta però devo fare
un “mea culpa”.
Mi è capitato diverse volte
nella vita di sentirmi di più di quello che le condizioni mi permettevano.
Ho la tendenza masochista a
farmi del male, come se non mi accorgessi quali sono i miei limiti.
Per farmi male intendo,
accusare le conseguenze di scelte poco “sagge”, come ad esempio stancarmi all’inverosimile
perché non so dir di no, oppure “scofanarmi” mezzo chilo di biscotti e poi giù
lacrime di coccodrillo.
Quello che sto imparando,
adesso che il mio corpo è notevolmente sensibile, è che bisogna assolutamente
ascoltarlo, i suoi segnali, quando comunica che è stanco, senza portarsi oltre
i limiti. E’ il regalo più grande che possiamo farci.
Che questa faccenda dell’onnipotenza
faccia parte del crescere, oppure dell’essere troppo entusiasti? Beh io sono troppo entusiasta a volte e
questo mi porta a voler divorare la vita, succhiare la sua linfa e non perdermi
neanche un secondo di esistenza perchè ho paura che se non lo afferro subito scompare.
Forse ha ragione mia madre,
che secondo me in una vita passata era un vecchio saggio tibetano: la
vita è lunga, bisogna imparare ad assaporarla lentamente, non c’è nessuna
fretta.
Tutta questa fretta di
divorare, e per questo intendo ogni cosa, con la paura che domani non ci sia più,
finisce con il consumarci. Toglie vita alla vita.
Ci illudiamo che i ritmi
della vita siano gli stessi di quelli di un essere umano occidentale immerso
nel lavoro, ma non è così. La vita scorre lenta, e i cambiamenti in natura sono
impercettibili.
Ma se si riflette un attimo
ci si rende conto, che anche i cambiamenti veri, quelli che muovono l’anima
sono lenti e a volte devono passare diverse stagioni affinché essi si
manifestino.
Vivendo in una grande città
questi ritmi sono falzati, ogni cosa è accelerata, il cemento impedisce di
vedere l’erba e il suo naturale crescere.
Insomma, a volte forse
dovrei sentirmi più in sintonia con un filo d’erba che cresce piuttosto che con
woderwoman-tutto-mi-è-concesso.
Per fortuna che le
conseguenze alle azioni esistono, e che si impara soltanto sbagliando.
Fosse la volta giusta che
imparo a prendermi cura di me?
Ci sono tantissimi modi per
meditare, ma poi in realtà il fine è sempre lo stesso. La meditazione può essere anche
un modo per mettersi in contatto, con chi è credente, con Dio e con l’Assoluto.
Quello che credo io, è che
la meditazione è un incredibile strumento di auto-conoscenza ed
auto-osservazione. Meditando, finalmente, si ha la possibilità di accedere ad
una dimensione di consapevolezza, difficile da coltivare durante lo scorrere
frenetico delle giornate e delle attività.
Ho iniziato a meditare più
di un’anno fa, mi ricordo benissimo il momento in cui ha avuto inizio. Stavo a
casa, quel giorno avevo la testa piena che traboccava di
pensieri. Era un continuo andare e
tornare in dietro nel tempo: quello che è successo, quello che succederà,
domani dove sarò, perché ho detto quella cosa a quella persona, ma possibile
che riuscirò a fare tutto quello che voglio.. Pensieri assillanti e
immobilizzanti. Quando ci si ritrova in un flusso di pensieri così denso, è
difficile veramente agire, e si iniziano a perdere energie. Non è un caso che nella parola meditazione,
sia contenuta “azione”: la meditazione non vuol dire assenza di tale azione ma
anzi è il terreno che viene preparato per poi successivamente poterla dirigere in maniera più decisiva e funzionale (questo è uno dei
benefici più grandi di questa pratica..).
Insomma me ne stavo persa
nei miei pensieri… Ad un certo punto, mi sono seduta per terra, ho chiuso gli
occhi e intensamente ho iniziato a ripetermi “voglio stare qui ed ora”, più
volte dentro di me, concentrandomi sulle sensazioni che momento dopo momento mi
arrivavano. E piano piano i pensieri hanno iniziato a rallentare, e ho
cominciato a percepire uno stato di profonda quiete….
Per me è stata una scoperta,
nonostante fossero anni che praticassi yoga questa è stata l’esperienza più
importante, perché in quel momento mi sono esattamente resa conto di quanto
possa essere limitante un flusso di pensieri incessante e “petulante”. Fino a
quel momento non avevo “visto” i miei pensieri e meditare era soltanto un modo
per rilassarmi.
Comprendere e vedere che i
pensieri sono soltanto un “prodotto” della mente, e che noi non siamo né la
mente né il pensieri è qualcosa di veramente liberatorio! Il trucco è porsi
come osservatori, e osservare il flusso dei pensieri come se fosse una
pellicola di un film che scorre e smettere di identificarsi con quel film.
La meditazione che poi ho
iniziato a praticare, è quella semplice basata inizialmente sulla
concentrazione sul respiro. Questa
tecnica viene chiamata “vipassana”, ed ha origini antichissime.
Sono venuta a conoscenza del
metodo “Mindfulness”, nato trent’anni fa negli Stati Uniti, ideato da J.Kabat
Zinn, e che da diversi anni sta mettendo piede anche in Italia. Mi sono così
appassionata che ho poi fatto il corso per diventare trainer (che sto ancora
facendo..).
E ho scoperto che negli
ultimi quindici-ventanni, la comunità scientifica ha dedicato sempre più spazio
a quest’antica tecnica di meditazione, che ha mostrato possedere virtù
benefiche per la salute, o come diciamo noi occidentali, una notevole efficacia
terapeutica per molti disturbi e
problemi psicologici e fisici.
La mindfulness è uno delle
tecniche psicologiche più antiche (oltre 2500 anni!), ma anche una delle più
avanzate.
Ci sono un’infinità di
ricerche scientifiche, purtroppo molti articoli sono in inglese, ma si trova anche in Italiano se ci si mette a cercare con un po' di pazienza.
Hanno sostanzialmente
scoperto che dopo soli 2 mesi di meditazione, la mente cambia, e si riduce lo
stress notevolmente, si possono curare disturbi d’ansia, di depressione e
sindromi dolorose.
Meditare riduce il dolore
del 50%. (!!!)
Nel caso di una malattia,
meditare, può aiutare tantissimo ad affrontare le cure, a ritrovare un proprio
centro, e viversi quello che viene con più serenità.
Certo, inizialmente bisogna
fare un piccolo sforzo, coltivare la routine. Ma i risultati non tardano ad
arrivare. Perché non provare?
Si può provare anche da
soli, ma se non si ha dimestichezza con questo mondo può risultare complicato,
perciò è meglio trovarsi un insegnante oppure procurarsi un libro se non si può
uscire di casa. (sto preparando una lista di libri da inserire prossimamente)
#8 Non si può sperimentare la vera felicità se va sempre tutto bene. Vai avanti, consapevole del tuo profondo valore come essere umano, affrontando ogni cosa con serentià, anche se ti trovi a scalare montagne insormontabili, ad attraversare fiumi impetuosi. Così proverai gioia e soddisfazione e non avrai il minimo rimpianto.
Rientro dalle mie peripezie di una giornata tra ospedali, ristoranti macrobiotici, centri commerciali (!!), giri tortuosi in macchina per Roma e aprendo il blog mi rendo conto che le visite sono più di 3000, ci sono commenti ai miei post e che mi arrivano mail da persone che non sentivo da anni ma che ritrovo istantanemente collegate con il cuore. Ci tenevo a condividere questo. Ho così voglia di scrivere e rendervi partecipi, sentirmi collegata con i vostri cuori mi da una gioia infinita. Vorrei con voi tessere una tela meravigliosa intarziata di desideri, sogni, consapevolezze, realtà e conquiste. Sento che possiamo farlo, insieme.
Risponderò ad ognuno di voi più tardi, ma intanto avevo voglia di dirvi questo e regalarvi una foto e scrivervi che mi è arrivata una carica super incredibile pazzesca che mi fa venir voglia di scrivere altri 200 post. Preparo il caffè e sono da voi.
Eh non è che con questa storia poi inizio a sentirmi quasi famosa.
Beh un po si, ecco allora per l'occasione e per consacrare un po' del mio sano ego me in versione John Lennon.
Vi abbraccio.
(se ho esagerato che qualcuno mi fermi)
giovedì 12 gennaio 2012
#7
I fiori e le piante crescono giorno dopo giorno,
e lo stesso vale per l'essere umano.
Giorno dopo giorno, continuando a sforzarti,
senza mai perdere la speranza,
potrai costruirti una vita pienamente felice.
Non è necessario fare passi affrettati.
Illustrazione del 1767 del libro "Ilviaggio sotterraneo di Niels Klim". Il protagonista cade in una grotta e raggiunge il centro della terra,
dove fluttua il pianeta di Nazar, abitato da un popolo mezzo vegetale,
mezzo umano.
Oggi mi sono svegliata con molta calma.
Ho voluto che il risveglio fosse lento e concedendomi così di ascolatere i ritmi del mio corpo.
Sbadiglio, mi stiracchio, contemplo i
giochi di luce del sole che filtra attraverso la finestra. Fuori un enorme,
statuario e fiero albero di Magnolia fa capolino nella mia stanza. Ci
guardiamo. La Magnolia è la mia pianta preferita, e con lo sguardo la ringrazio
per esserlo.
Ho deciso: rimango a letto finché non mi va veramente di
alzarmi.
Sono oramai scesa a
terra, il galeone con i miei prodi è tornato per mare per proseguire le
loro battaglie e torneranno a fine mese a riprendermi.
Ho quindi un po’ di tempo per raccogliere tutte le mie
energie, rimettermi in piedi, e
prepararmi per la nuova attraversata.
Sono approdata su una terra tranquilla, tutto fuori tace
stamattina e non sembra neanche di stare in città. Oggi è una di quelle
giornate che mia madre direbbe “finta” da quanto è bella. Che poi non capisco
perché, io direi: è così bella che è vera.
Il mio humor non è proprio ai massimi livelli, scusate, mi
sento un po’ vuota di energie vorrei soltanto appallottolarmi nelle coperte e
poltrire all’inverosimile.
Così ho deciso di attuare un programma “poltrimento” che
include il farmi finalmente una degna cultura cinematografica.
Se ripenso al periodo prima di quel fatidico 17 giugno 2011,
mi vengono i brividi a pensare che non riuscivo a fermarmi neanche per guardare
un film. La mia vita era totalmente assorbita da impegni, cene, aperitivi,
appuntamenti. Riuscivo a fermarmi soltanto quando ero veramente stanca oppure stavo male. Lavoravo per eventi, ristoranti e locali per guadagnare qualcosa,
un lavoro massacrante fisicamente, e per devastante intellettualmente. Per quanto ce la mettessi, non ne valeva mail la pena lavorare così. A volte mi sembrava che il prezzo da pagare fosse troppo alto, mi sentivo come se mi succhiassero la mia linfa vitale.
In tutto
ciò continuavo a studiare e prepararmi, nonostante mi fossi già laureata (chi è psicologo sa che non si finisce mai) e frequentavo i miei "corsi". Ero diventata una perfetta e collaudata
partecipante ad ogni corso di ogni sorta (che avesse a che fare con ricerca
interioriore..ma non solo).
I corsi mi portavano a spostarmi anche per l'Italia, da nord a sud e questo devo dire non mi dispiaceva affatto. Ho
partecipato a corsi di “metodo per riscoprire la tua voce
naturale”(interessante sì, ma io
non sono un attrice), corsi di pranoterapia, di biodramma, reiki, costellazioni
familiari (forse una delle cose più interessanti!) sciamanesimo brasiliano, seminari di vegetarianesimo e ayurveda,
yoga (ogni tipo di yoga) per non parlare di tutti i “fantomatici” guru in cui
mi sono imbattuta scoprendo poi che ognuno ha il suo guru e che poi il guru
siamo noi.. ah c’era anche il seminario su “il tuo guru interiore”, poi cucina
macrobiotica (ad un certo punto volevo anche aprire un ristorante), filosofia
vedica, sanscrito. Insomma tante informazioni, tanta ricerca, inesorabile e incessante. Ai limiti però del
maniacale. Prendevo tutto e frullavo.
Era come se dovessi riempirmi di più informazioni possibili,
comprendere la realtà tutta insieme. Svelarla. Si, ma poi?!
Era come se davanti a me avessi un grande libro, e ogni
pagina di questo era un argomento e dovessi sfogliarlo tutto per avere una
risposta. La sensazione era che la risposta, come al solito fosse nell’ultima
pagina.
Era un incessante corsa, contro il tempo, contro me stessa.
A volte non mi stupisce molto che io mi sia ammalata e che
proprio la mia gamba abbia deciso di fermarsi, come a dire “ok tesoro, io più
di così non ci vengo, se vuoi vai senza di me”.
Non che io rinneghi tutti i miei “sforzi”, anzi: questo ricercare mi ha portato a
scoprire infinite realtà, ad incontrare persone fantastiche, amici di
vita, e soprattutto a stare qui
adesso.
Se potessi tornare indietro forse avrei voluto sforzarmi di
meno. Credo che uno sforzo eccessivo, in qualsiasi cosa si faccia non sia bene.
Spesso la vita ha bisogno di essere lasciata scorrere e basta , và ascoltata.
Ecco così la mia bella dose d’ascolto, ma siccome non sono per
le mezze misure, me la prendo tutta insieme che forse possa bilanciare le corse fatte
negli anni passati.
Una frase che spesso dico quando racconto di questo periodo
è che “se tutti si potessero fermare almeno 3 mesi nella propria vita, non ci
sarebbero le guerre”, e ne sono convinta sempre di più.
In tutto ciò è già l’una e io sono ancora nel letto e ancora
non mi va di alzarmi.
Osservo il sole che filtra dalla finestra di nuovo, adesso
c’è un raggio che mi sta riscaldando le gambe e sento il calore che attraversa
la pelle fino ad arrivare dentro le ossa.
Mi affaccio nuovamente dalla finestra, la Magnolia è sempre
li, adesso ondeggia c’è un venticello impercettibile e le sue foglie si muovono
cangianti sfiorandosi l’una con l’altra.
Non ci sono fiori, ma è come se ci fossero delle piccole
nicchie che sembrano li predisposte ad accogliere in estate i suoi fiori
bianchi. Quegli spazi sembrano messi li proprio in attesa, sono spazi sacri, e
vengono custoditi dalla pianta gelosamente tutto l’inverno per poi renderli
gloriosi in estate.
Vorrei fare quello che fa questo incredibile albero con i
suoi fiori d’inverno: dedicare la mia apparente stasi a rendere quegli spazi
sempre più accoglienti, finchè poi un giorno possano contenere i fiori:
dopotutto un fiore senza la pianta intorno che vita ha?
Si, senza ombra di dubbio la Magnolia è il mio albero preferito.
Basta però adesso poltrire, mi è venuta fame e poi ho una
cultura cinematografica che mi aspetta.