Da quando mi hanno rilasciata, e concesso la “libera uscita”, non
ho avuto più voglia di scrivere. Sono stata rapita dalla realtà, dai giorni che
scorrono nel loro contorcersi veloci e intensi.
Quando si esce dall’ospedale dopo un ricovero, la vita
riparte, come se fosse stata messa in pausa, ferma all’ultima immagine
nell’attimo prima all’entrata. E’ sempre vita quella vissuta “dentro”, ma ha
una sua densità particolare: le emozioni sono condensate, i sensi storditi, e
il tempo scorre in base ai ritmi fisiologici e ai bisogni primari. Tutto sembra
ridotto alla sua essenzialità in ospedale, non ci sono più fronzoli, accessori,
ammenicoli, pizzi e contropizzi. Tu sei e basta.
Per questo credo che queste esperienze di isolamento forzato
favoriscono il confrontarsi con se
stessi, certo non è facile, a volte è molto faticoso stare con se stessi e
basta, non avere distrazioni, possibilità di proiettare sé su qualcun altro. Eh
si! Abbiamo bisogno degli altri per vedere tanto di noi, sono indispensabili
molto di più di quanto non crediamo. E’ un dono poter avere qualcuno con cui
arrabbiarsi, litigare anche. Farlo con se stessi c’è da impazzire, per quanto
poi io sia per la pace universale, credo profondamente anche nella guerra
universale, se costruttiva.
Una volta uscita “fuori”, ecco allora che il disco che ho
messo in pausa giorni prima, riparte.
La strana cosa che accade è che tutto sembra ripartire molto
più velocemente, come se volesse recuperare il tempo in cui è stato messo in
pausa. Ecco allora tutto che inizia a girare con una velocità improbabile, gli
eventi iniziano a fagocitare tutto ciò che trovano.
Tutto si mischia, l’euforia comanda ed io eseguo. In quei
giorni mi sento come in un coctkail di colori e sono letteralmente inghiottita dal succedersi degli avvenimenti.
Sono risalita sulla giostra ed ecco le luci, la musica, i colori. Tutto gira, e
io giro e cambio colore. Ed ecco che mi voglio stancare fino al limite,
esaurire ogni energia che ho in corpo perché è l’unico modo per sentirmi viva e
pulsante. In quei giorni è importante per me rompere la barriera di
consapevolezza e sentire cosa ha da dirmi la vita, al di là di quella pellicola
che sembra proteggermi. Mi ritrovo così in tardissima serata, direi mattina
quasi, dopo una festa e qualche bicchiere di vino, con in testa una parrucca rossa, a limarmi lentamente le
unghie in bagno, ancora vestita ed ascoltare lo scorrere limpido ma anche
totalizzante della vita.
Il tutto avviene in maniera consapevole, ho imparato come
funziona il gioco e mi piace giocarci.
Sono giorni in cui sono così stanca che non sono stanca, la
mia mente è vigile attenta, coglie ogni dettaglio che diventa importantissimo.
Quel dettaglio è l’idea per ciò che avverrà dopo, diventa il punto di partenza
di una nuova esplorazione.
La cosa bella è che ogni cosa si colora di nuovi
colori, diventa nuova lei stessa.
Forse anche io un po’ lo sono.
Mi piace osservare l’esplodere del nuovo, osservare tutto
ciò che cambia così velocemente dentro e fuori di me. A volte mi sento come
fuoco vivo, che arde e balla al ritmo di una musica silenziosa.
Il fuoco brucia tutto, trasforma ciò che è in un'altra cosa.
La materia si trasforma, per poi ritrasformarsi ancora. Oggi possiamo osservare
questo miracolo della natura tramite banalissimi cerini da cucina: la trovo una
che delle tecnologie più miracolose.
Ho saputo che in questi giorni ci sono delle tempeste di
sole incredibili, sono molti anni che non si verificavano. Le esplosioni di
sole sono così violente che arrivano, eliminando satelliti e tutto ciò che trovano,
fino all’atmosfera terreste, la oltrepassano e possono far saltare onde radio,
interferire con il wireless, i navigatori, mandare in tilt la comunicazione
terrestre. Un'altra caratteristica fondamentale è che le tempeste solari si
manifestano ai poli con delle incredibili aurore boreali. Siamo protetti
dall’atmosfera terrestre e gli esperti dicono che non può succedere nulla agli
esseri umani. Ma io non ne sarei così sicura.
Quel fuoco, anch’esso trasforma ciò che trova. Elimina il
superfluo, le connessioni, la radio, che a tanto parla per parlare, il
navigatore che ha lobotomizzato un po’ tutti, il wireless..
Mi lascio così invadere da questo fuoco invisibile che
arriva fino a dentro le mie viscere, che trasforma e avvolge tutto ciò che
incontra. Fa saltare le connessioni, mi riavvicina all’essenziale.
Ho voglia di essenzialità, la esigo.
Voglio scegliere che tutto il superfluo come per magia cada,
e riveli ciò che è esattamente sintonizzato con ciò che sento. Non aver più
bisogno di inutili attrezzi di interferenza, nessun navigatore che mi dica cosa
fare. Riconoscere la strada e sentirla. Adesso, qui, nuda di tutto ciò che non
serve, veramente.
La strada è ancora lunga, c’è tanto da bruciare. Ma confido
nelle tempeste di sole, nella mia amica buona sorte che osserva e dirige ogni
cosa pur essendo bendata, o forse proprio per quello lo fa così bene, e nella
vita che tesse i suoi fili per poi rivelare una trama sempre inaspettata.
Brucio e vado avanti, e osservo centinaia di aurore boreali
in me.
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Eruzione solare del 29 gennaio 2012. |
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