domenica 22 gennaio 2012

Sabato sera

Mi affaccio alle finestre sulla città, dalle quali ogni giorno scruto ciò che accade e  mi sembra di intuire che sia proprio sabato sera. Sarà che riconosco quell’atmosfera respirata chissà quante volte, che seppur rarefatta riesce ad arrivare fin qui, fino al settimo piano di questo gigantesco galeone che stasera mi sembra più grande del solito.
E’ un aria in movimento, di attesa, di “facciamo quel che facciamo basta che facciamo”, il mettersi in fila per non arrivare mai, decidersi all’ultimo per poi ricambiare idea subito dopo, cercare parcheggio e non trovarlo. Il sabato sera a Roma, se capiti per sbaglio sul lungo Tevere, oppure sull’Ostiense oppure Testaccio, insomma in quei posti frequentati da quelli che io chiamo “i topi fuori dalla gabbia”, che si ritrovano tutti insieme fuori dalla gabbia nello stesso momento e non ci capiscono più nulla; maledici il momento in cui ha deciso di abbandonare il divano e quel film che ti interessava tanto che proprio stasera volevi vedere. Per fare cosa poi? Precipitarti fuori di casa, essere frullato nelle arterie pulsanti di una città che sembra non aver mai vissuto prima, che poi ti fagocita e ti risputa sempre nei soliti posti dove ti ritrovi con la solita gente, tu con la solita faccia ma sempre un po’ più stanca e annoiata.

E’ da un bel po’ che  non mi appartiene più questo sabato sera, un po’ perché ho deciso, un po’ perché no, ma nonostante questo sento ancora viva quella sensazione sulla pelle come il ricordo di una vecchia abitudine. Guardo attraverso la finestra e cerco uno spazio in lontananza dove far riposare questi pensieri, ed ecco che intravedo sul riflesso del vetro, alle mie spalle,  la porta che si apre e un sorriso che si affaccia accompagnato da un “E' qui la festa?. E’ venuta a trovarmi una mia amica,  la mia Amica, sono quasi 20 anni che ci conosciamo e sempre ci diciamo che faremo una gran festa quando sarà, ma nel frattempo ci festeggiamo ogni volta per prepararci.. giusto per non arrivare impreparate!

Con il suo stile inconfondibile sfila fuori da una busta di carta il perfetto kit da aperitivo che comprende: tartine di ricotta e crudo e due meravigliose bottigliette di prosecco “Maschio”, che io trovo geniale per il suo nome, sicuramente l’inventrice del nome sarà stata una donna e pure molto ironica.

Non siamo più in un galeone, improvvisamente siamo in una suite di un albergo di lusso, con vista sullo skyline delle città e stiamo sorseggiando prosecco fresco : tutto può in un secondo essere il contrario di tutto in questo magico luogo.

Eppure è quasi una settimana che sono qui dentro, ed ogni giorno è stato così differente, mutevole.

A volte mi sembra che la realtà sia li a prendersi gioco di me, ogni volta che mi trova convita di qualcosa, ecco che mescola le carte e nuovamente e mi sorprende.

Inafferrabile. Mi sono lasciata cullare  questi giorni da alternanze di stati d'animo , desideri e insofferenze, consapevolezze. L’altra sera mi sono ritrovata anche a parlare di Reiki e di vite passate con alcune infermiere e scoprire che qualcuno in ospedale si accende anche un incenso di nascosto quando tutti dormono ed io mi sono sentita così sollevata ed ho chiesto subito di avere una candela in camera.

Vivendo qui scopri giorno dopo giorno come si sono costruite le "routine". Settimane  dopo settimane, turni su turni di meccanico ripetere, e te ne rendi conto soltanto quando inizi anche tu a farne parte: ecco che però riesci ad andare oltre alle apparenze, a quelle facce spesso scocciate di infermieri e medici che in realtà sono soltanto annoiati anche loro di ripetere i soliti protocolli e non perché ce l’hanno con te (mai, dico mai, prendersi nulla sul personale regola fondamentale). 
Tutto è mutevole, il cibo in particolare sembra aver assorbito questa incredibile proprietà. Un giorno ti danno soletta per le scarpe, il giorno dopo cannelloni ripieni con ricotta e spinaci. E’ tutto fatto apposta per confonderti le idee, questo mi sembra oramai chiaro. Ed io mi affanno a volte a star dietro a questo cambiamento a volerlo controllare a modo mio, perché se mi rassegno mi sembra di perdere qualcosa. Allora ecco che apporto cambiamenti miei, imparo a staccarmi le flebo, nascondo le medicine, mi rifiuto di fare l’ennesima lastra, che poi in realtà tutto per sbattere un po’ i piedi per terra e cercare di movimentare la routine, uscire dal protocollo.

Stasera me lo voglio proprio godere questo prosecco in questa splendida suite a lume di candela, e brindare sulla città con la mia amica ed ascoltare le sue avventure che mi fanno sempre tanto sognare. “Chissà se mi fa male bere”, penso, ma dopotutto mi va e credo che sia tutta salute guadagnata ogni volta che assecondiamo una richiesta che viene dal cuore.

Da quassù Roma adesso sembra così lontana, senza confini, rilassata,  le luci brillano e non si sente nessun rumore di macchine.

Può ogni cosa cambiare così in fretta? Ogni pensiero portarmi prima da una parte per poi concedermi di vedere tutto l’opposto.. 

Dopotutto, continua a divertirmi, stupirmi e incuriosirmi questa “mutevolezza”.

Sorrido dentro di me, e poi alla mia fraterna amica: alziamo in alto i calici di “Maschio” e scoppiamo in una fragrante risata augurandoci, un estemporaneo ma azzeccatissimo : Buon Anno.









I maschi del sabato sera.




1 commento:

  1. Vi ho viste brindare nel calore dell'amicizia, con Roma infreddolita di fronte, gente frenetica che corre verso chissà dove, la vostra complicità si trasforma in una risata continua. Quante volte siamo state il sabato sera nel mezzo dell'ingorgo globale, da una festa a un'altra, o raggomitolate sul divano tra parole, fumo, sogni. Ovunque, in qualunque modo, senza definire migliore, è il tempo condiviso che dona valore a chi sa riconoscersi. E comunque: che bel sabato sera ragazze!

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