martedì 17 gennaio 2012

Macchine

In realtà l’ospedale non è nient’altro che un’enorme officina riparatrice per macchine rotte.
Appena entri ti fanno riempire un lunghissimo e standardizzato modulo, illeggibile da quanto è scritto male e anche perché l’inchiostro è oramai trasparente da quante volte è stato fotocopiato. Semplicemente devi mettere una “x” nel quadratino che ti indicano distrattamente e una tua firma leggibile acconsentendo che da quel momento in poi,  loro hanno il totale via libera a poterti sottoporre qualsiasi trattamento loro ritengano opportuno senza più chiederti il consenso.
Perché secondo loro tu hai smesso di funzionare, e adesso sei li per aggiustarti e loro sanno esattamente come farlo.
Ti assegnano un numero, da quel momento non sei più Pinco Panco, ma semplicemente 715, 730, 245, 510 e l’unica cosa che ti contraddistingue è quel numero davanti a tutti che indica di quale settore fai parte. Tu non esisti più, sei appena stato catalogato.
Ti parcheggiano nella cella, che coincide con il tuo numero e da li partono con il loro lavoro.
Sveglia alle sei del mattino: iniziano i primi controlli e chek up, per andare ad individuare il danno, la parte fallata, il pezzo non funzionante, per poi poterlo attaccare con tutti i loro strumenti a disposizione che maneggiano con estrema destrezza oramai come se fossero veramente bulloni e chiavi inglesi.
Ti intubano, controllano la pressione,  ascoltano se c’è troppa aria nel motore, e l’olio è al suo giusto livello; ti assegnano compiti da fare, controlli, devono essere al corrente di tutti i liquidi che entrano ed escono nel tuo corpo, il bilancio deve sempre essere perfetto e se non lo è ecco che prontamente ti somministrano l’antidoto: ogni equilibrio deve essere scientificamente e matematicamente rispettato. Tutta l’intera giornata è scandita dai ritmi calcolati dello scadere delle ore di tale farmaco, di tale controllo:  tutto è già stabilito. Sanno già cosa fare in caso di questo o quello dovesse accadere. Oggi mi hanno detto “non ci sono supposizioni, noi usiamo solo strumenti”. 
Del cibo rimane soltanto l’idea del cibo, o almeno l’idea che il cibo sia carburante, ecco quest’idea, ancora più confusa, e sbiadita, proposta ogni sera in piatti di plastica incelofanati. Ovviamente servono primo secondo, contorno e frutta: come è giusto e sano che sia. Tutto è sigillato, messo sotto vuoto, non prima di essere stato cotto una prima volta e una seconda volta a 180 gradi in forno, in caso non bastasse a sterilizzarlo. Cosa ne rimane delle proprietà nutrizionali, delle vitamine, dei sali minerali? Masticare una soletta di una scarpa forse  fornirebbe apporto nutritivo di un petto di pollo che ho tentato di addentare oggi.
Non conta se ti senti bene, conta solo quello che vogliono dire quei numeri su quei fogli.
Non importa se un giorno ti svegli e ti è passata la febbre e te la sei misurata già 3 volte e glielo dici. Ti rispondono subito che devi rimisurare ogni mezzora perché è così che si fa. Non importa se sai da quando hai 8 anni di avere la ritenzione idrica di un un ippopotamo se mangi certe cose, e sai che  è normale, per loro non lo è.
Molti dei meccanici si nascondono dietro questi metodi, per non sentire, per non doverti guardare negli occhi: ogni volta che manchi uno sguardo ti rendi conto di quanto sia fondamentale per loro tenere il controllo. Io capisco.
E’ importante non lasciare che un emozione trapeli, perché emozionarsi non fa parte del protocollo. Provare un emozione profonda e sincera o un empatia sarebbe come disseminare mine all’interno della loro amata officina: potrebbe saltare in aria. Le emozioni sono tutto il contrario del controllo.
E poi dopotutto come si fa a provare emozione nei riguardi di una macchina? Pura follia.
Ho visto sguardi fuggire dopo aver pronunciato una diagnosi. Mi sono sorpresa e ritrovata in un vuoto disarmante.
Molti di loro, sono così assuefatti dal ripetere ogni giorno la stessa cosa, che la fanno come se stessero svitando una macchinetta del caffè, e invece ti attaccano una flebo.
Ho imparato però  a sopravvivere qui, a parlare il loro codice è questo mi ha aiutato anche. Per fortuna ho una grande dimestichezza con le lingue e riesco ad attaccare bottone anche ad un sanpietrino (pietre caratteristiche che rivestono alcune strade romane).
Ma non esistono solo meccanici così, c’è un'altra speciale categoria. Attenzione questo è un segreto ma sento di poterlo condividere serenamente: ci sono anche “Persone” travestite da meccanici, all’interno dell’officina. Sì persone, esseri Umani! Eh lo so difficile a credersi anche perché fanno di tutto per sembrare meccanici, ma li puoi riconoscere da tre facili cose: sorridono, ti chiamano per nome e ti guardano negli occhi.
Hanno poi un modo, ognuno il suo, di farti rendere conto che sono li apposta per te. E non è una categoria specifica di meccanici. Basta una visita notturna di un meccanico che fa il turno di domenica e voleva sapere come stavi, oppure  l’accortezza nel procurarti un cuscino in più perché la notte non dormi con meno di due cuscini.
Ecco allora che se hai la fortuna di incontrare una di questi “speciali” meccanici la sera prima di dormire o la mattina appena sveglio, sai per certo che dormirai serenamente, o che la tua giornata scorrerà più leggera, perché sai che quello speciale meccanico, ti ha visto e si prenderà cura di te e non solo della macchina che abiti. 

arnesi e attrezzi per controllo macchine.


4 commenti:

  1. Terribile. Vero.

    "Un tempo, il cielo impregnava tutto: i costumi, i mestieri. Si depositava persino nelle pieghe dei grembiuli e sotto le suole dei contadini. L'aria era come irrigata in permanenza da un flusso di angeli."

    "E' perchè oggi tutto è perduto, che può finalmente avere inizio la risurrezzione: tutto quello che era sacro è colpito come lo sono gli alberi dopo il passaggio di un vento nero."

    Christian Bobin

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  2. Ti sento severa Franz;con te stessa e con gl'altri.
    Daccordo,sì...Forse hai commesso uno sbaglio.Ti sei comportata come non stessi vivendo,quasi,ciò che ormai da mesi sei impegnata ad affrontare,e non sei stata ligia nell'osservanza dei "regolamenti" ai quali avresti dovuto attenerti.Troppo stress,troppe visite di amici....Insomma troppa voglia di voler far finta di niente,per sentirti,forse,al di sopra,più forte di quello che stai combattendo.Ok. Svegliarti la mattina con la febbre alta t' ha bruscamente richiamato alla realtà,presentandoti il conto da pagare.E allora?...Esiste forse qualcuno che non commette errori?...C'è qualcuno che non fà scelte sbagliate?...E le scelte sbagliate,a guardar bene,una volta sedimentate le emozioni a caldo,sono poi da considerarsi davvero così sbagliate nella loro totalità? Col passare degl'anni,e con quel poco d'esperienza acquisita ho capito che nelle vita son davvero pochi i bianchi ed i neri,infinite invece le tonalità dei grigi.Perchè il giusto e lo sbagliato spesso si sovrapongono,come torto e ragione,e perchè come già dicevamo pochi giorni fà,c'è un pò di magia e un pò di "perdita" in tutte le cose.
    Forse,come anche tu ammetti,ricercavi inconsciamente un limite,che subito,per altro ti è stato mostrato.Quella febbre è stato come un segnale.Molte volte nella foga del combattimento si perde l’orientamento,e si scivola in passi azzardati,ma serve a rialzarsi ed esser ancor più consci e pronti.E poi comunque cos’è la libertà se non poter fare le proprie scelte ed esserne responsabili,nel bene o nel male...
    E poi l'ospedale con tutto ciò che contiene,anche qui sento una punta di "velenosa" ironia,quasi sarcasmo.
    Far in modo che una gigantesca macchina di quel genere funzioni al meglio non dev'esser davvero cosa facile.Ciò che a noi può sembrar esagerato,assurdo,ai limiti dello stupido,ne sono certo,avrà un sua utilità organizzativa.E' un mare,un infinità di cose che girano una dentro l'altra,lasciar scappare una virgola potrebbe essere come la famosa palla di neve che a fine discesa si è fatta valanga.Allora sì,necessita una rigidità estrema,che agl'occhi del singolo paziente può apparire troppo sperzonalizzante,fredda,alienante...
    Ma allora è chi ci lavora dentro che forse dovrebbe compensare tutto questo?...Un pò sì,ma un pò anche no!..Nella misura in cui,non tutti siamo uguali e reagiamo allo stesso modo,così anche il personale medico,infermieri o dottori che siano,si rapporteranno al paziente in mille diversi modi.Qualcuno in modo più empatico,altri antipatici,chi semplicemente neutro.Sono anch'io daccordo,un sorriso ed una battuta può essere un valore aggiunto alla cura,ma secondo me non il più importante.Professionalità e preparazione è ovvio vengano prima.A tal proposito facevo allora una riflessione...In un ambiente zeppo di casi umani delicati,di persone in situazioni davvero difficili,quanto può esser al contrario facile per gl'uomini e le donne che vi lavorano a contatto,scivolare in coinvolgimenti emotivi?...E se così....quanti coinvolgimenti emotivi,o quanto di uno solo si potrebbe sopportare,prima che tali coinvolgimenti minino lucidità e fredezza richieste.Ci si esaurisce in luoghi in cui le sollecitazioni psicofisiche alle quali si è sottoposti sono di gran lunga inferiori,se paragonate ad un ospedale come quello....Ora di certo c'è gente più o meno simpatica,ma di certo per altri può esser anche un modo di difendersi...
    Non sono mai "impazzito" per i prodighi di consigli,pronti a distribuire perle di saggezza.Tutto questo è solo un punto di vista...Uno spunto di riflessione di un randaggio che ora ti saluta.
    Ciao Franz...Vecchio Pirata!

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  3. Si sono severa, forse mi dovevo sfogare un po' con questo post, anche perchè i miei stati d'animo sono altalenanti..Volevo raccontare una realtà che esiste e sono sicura che tante persone vivono così. E questo non fa piacere neanche a molti medici. Certo, le cose sono molto cambiate, pensa che fino a 20 anni fa quasi non si diceva neanche al paziente la sua diagnosi. Insomma. Ho scritto ad un certo punto, Io Capisco. E quello era un comprendere con il cuore, un disagio che vivono tutti gli abitanti della Grande Officina, un disagio che è palpabile.
    Esistono però i Grandi Medici, quelli che ti guardano negli occhi, e non solo, anche nell'anima. E scriverò anche di quelli. Di persone eccezionali, che danno l'anima in questo sacro lavoro.
    Io dico soltanto che non è un lavoro per tutti, (sopratutto lavorare con i pazienti oncologici) e che molti lo fanno per il prestigio e per il denaro, ma qui stiamo parlando di un lavoro antico quanto il mondo! E ci dimentichiamo del significato di guarigione.
    Il medico è colui che si prende cura.
    La professionalità è necessaria, così come lo è il contorllo, e questo rassicura molto i pazienti, io ho totale fiducia nella mia guarigione anche grazie alla professionalità che mi hanno sempre dimostrato.
    Io dico soltanto, che fa male quando ci si dimentica totalmente che si sta lavorando con Esseri Umani. Ti assicuro, che molte di queste persone lo fanno come se stessero facendo un lavoro come un altro. Guarire vuol dire anche sentirsi parte del processo secondo me, ha una certa importanza l'informazione, il sapere cosa si va incontro. Molti danno per scontato anche quello.
    Io vorrei ci fosse più comprensione della soggettività di ogni essere umano, di comprendere che oltre alla carne e al sangue c'è tanto altro, e che quest'altro influisce sulla guarigione, e non poco. (ci sono un infinità di studi sulla relazione psiche-soma!)
    Esistono tanti modi, ci sono ospedali in ogni parte del mondo dove questo accade. Si è scoperto che molte malattie sono psicosomatiche.
    I protocolli funzionano, salvano vite, io ringrazio ogni giorno questo sistema che mi sta aiutando (fino a 20 anni fa nella stessa situazione non avrei vissuto a lungo..) ma questo non mi rende cieca dal poter vedere altre soluzioni, nel vedere l'enorme buco, disagio psicologico che c'è. Per non parlare della speculazione economica (ma ci sarebbe da parlare ore ed ore..)
    Io sono fortunata,ho avuto la possibilità di leggere molti libri, mi sono documentata, ho studiato anche una materia che mi ha reso più sensibile a queste tematiche.
    Ci sono persone che non hanno questa fortuna e si ritrovano centrifugate in questo cinico sistema (che funziona certo..), che li frulla, ingabbia, fa sentire "malati", e come biasimarli dal vivere questa esperienza come drammatica e letale? Se non si crea uno spazio umano dove la persona possa continuare a costruirsi la sua identità, questa verrà stravolta, e nella maggior parte dei casi gli verrà strappata la cosa più cara che ha: l'amore per se stesso.
    Sono parole forti, ma io caro Ste vedo tanta sofferenza sprecata ed in più alla sofferenza che già c'è. ci sono i metodi, applichiamoli.

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    1. Vorrei riprendere alcuni punti del tuo discorso,ma forse finiremmo per dar luogo al noioso "ping pong" del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.Ho vestito i panni dell'avvocato del diavolo,ma anch'io sono,nel modo più assoluto daccordo,che tutto è perfettibile.Ed in contesti estremi come quello,ciò che in più si potrebbe fare dovrebbe rappresentare l'obbiettivo di tutti coloro che in tali contesti sono impegnati.Chi attraversa un 'esperienza di dolore e di estremo bisogno è così vulnerabile e dipendente dagl'altri,che anche il più piccolo gesto gli si possa offrire per alleviare il suo stato,diventa un 'obbligo.Il tipo di cura "totale" che tu auspichi,una cura che si prenda a cuore ogni aspetto del paziente,anzi,dell'essere umano...Bèh...Chi non potrebbe esser in accordo?!
      Ciò non di meno,quelle persone centrifugate e frullate,lo dici tu stessa,qualche anno fà sarebbero state spacciate.L'umanità avanza faticosamente nel suo cammino verso qualcosa di migliore,tanto faticosamente che talvolta sembra immobile,se non addirittura,per certi versi,in retrocessione.Ma se stiamo quì a parlarne,con possibilità e capacità di analisi,significa che quantomeno si è diffusa una presa di coscienza...E' il primo passo verso un cambiamento.
      Ciao Franz!..
      P.S. (Molti anni fà anch'io ho subito un lungo ricovero,ed in un brutto posto.Quando parli di dottori che girano per i corridoi come facessero un lavoro come tanti altri,sò perfetemante quello di cui stai parlando.)

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