giovedì 22 marzo 2012

Paris, jour #1: Les détails

Il primo giorno in cui si arriva in una città che già si conosce è un po’ come rincontrare lo sguardo di una persona che non vedevi da molto tempo e con la quale hai condiviso qualcosa di speciale. In quello sguardo intensissimo ma anche breve riscorrono immagini di momenti vissuti. Man mano che si trascorre tempo con quella persona ecco riaffiorare alla memoria ricordi rievocati da semplici gesti che si erano dimenticati. Ecco allora che ricordi dal modo in cui si accende la sigaretta quella volta che accendendosi la sigaretta dopo una cena insieme ti ha confidato un segreto e avete riso insieme. Sono questi piccoli gesti che ti permettono di risenti vicino dopo un lungo periodo di distanza con qualcuno: il modo in cui si pettina i capelli, allaccia l’orologio, oppure indossa una maglietta. Ognuno di noi ha il suo modo unico e indistinguibile.
E così è lo stesso per una città.
Adoro i piccoli dettagli e sono quelli che molto spesso mi fanno innamorare di qualcuno. Quel piccolo minuscolo dettaglio ti si impianta nel cervello e può rimanere li per sempre. Sono dettagli, non sono cose grandi di una persona a renderla speciale.
La stessa cosa accade per una città.
Oggi Parigi era illuminata da un sole caldo e primaverile. Il cielo era blu e un leggero venticello faceva ondeggiare le foglie dei primi alberi in fiore.
La cosa più bella quando si deve riprendere confidenza con una città che non si frequenta da tanto tempo è camminare, camminare e camminare fino a stremarsi fino a riempirsi ognuno dei cinque sensi con abbastanza informazioni da ritenersi soddisfatti e affrontare così il giorno seguente con maggior confidenza. E così è stato, almeno quasi, in realtà con l’occasione ho portato una sedia a rotelle perché altrimenti sarebbe stato impossibile saltellare con le stampelle tutto il giorno. Eccomi così alla conquista della città su un trono, spinta dalla mia sorella-ancella che si occupava di direzionarmi  abilmente su e giù per ogni marciapiede. La città vista così ha assunto un'altra consistenza. Se non devi camminare ma ti “muovi” ugualmente, i tuoi sensi sono più acuti, visto che stando seduto sprechi meno energie. Dopo un pranzo in un ristorante turco a base di gustosissimi fellafel, immersi in ogni tipo di salsa rigorosamente a base d’aglio, ci siamo dirette puzzolenti e rinvigorite alla ri-scoperta di Parigi.
E così come quando si rivede un vecchio amico, ci siamo fatte invadere da ricordi e dettagli significativi.
 Oggi per me è stato sostanzialmente un giorno di profonda osservazione delle popolazione parigina. Le persone che vivono in una città sono l’anima di essa e un dettaglio che non può sfuggire. Ho la testa piena di dettagli, di minuscoli ritagli che fusi insieme fondono un enorme puzzle: la pettinatura di quel ragazzo africano, le gonne di tulle delle ragazze giapponesi, gli occhiali di quei ragazzi seduti al bar, le scarpe con i tacchi di quella signora un po’ troppo alte per il giorno, i baffi di quel cameriere in un bar arricciati come quelli di un vecchio quadro di fine ottocento, le calze gialle di quella ragazza, il cappello di quel mendicante su Pount Neuf, le cartoline ingiallite di una città che non esiste più, le mani di quella bambina avvinghiate al collo del papà, i ragazzi sul monopattino vicino a les Halles, il colore di quel vestito nella vetrina di un negozio vintage, i riflessi di luce sulla Senna alle cinque di pomeriggio, lo sguardo curioso di un tassista e la sua risata, lo sguardo di quella negoziante in un negozio di cappelli.
Dettaglio su dettaglio ecco ricomporsi il disegno di una città che oggi sento già più familiare e che non vedo l’ora di ri-scoprire domani.
Bonne Nuit.



Le calze gialle di quella ragazza a rue de Montorgueil.



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