venerdì 13 aprile 2012

Esseri umani in cattività

Quando si vive in una grande città ci si dimentica che la vita scorre in modo molto diverso da quello che si crede. Ci sono luoghi in cui è possibile ritrovare questa dimensione e credo che sia di fondamentale importanza recarvici il più spesso possibile per mantenere viva quella sensazione e non lasciare che sfumandosi diventi un ricordo sempre più lontano e venga poi fagocitato dalla quotidianità con tutto il resto.
Sono approdata in uno di quei luoghi, uno di quelli a me più cari e finalmente inizio a sentire che le lunghe mareggiate che hanno recentemente invaso il mio corpo e la mia anima  cominciano a placarsi, molto lentamente.
Non è il luogo che fa la differenza: ho sempre creduto che se si riesce ad avere una tale centratura con se stessi ed equilibrio è possibile vivere ovunque. Fatto sta che però esistono alcuni luoghi in cui tutto questo è facilitato, dove l’unica strada da percorrere è quella che ti conduce all’essenzialità dell’essere. In questi luoghi non ci sono strade affollate, traffico inverosimile, asfalto sopra e sotto, semafori che lampeggiano, aria irrespirabile, spostamenti aggravati dall’impossibilità di trovare un parcheggio, file nei negozi per comprare, consumare, per non parlare poi dei rapporti con gli altri esseri umani. Nelle città sembrano tutti presi da progetti che riguardano solamente la propria individualità e interesse personale: ognuno chiuso in quella piccola scatola fatta di quattro mura di specchio che riflette soltanto l’immagine di se stessi con la quale diventa sempre più difficile confrontarsi, ma che ogni giorno sembra essere l’unico riferimento e appiglio per andare avanti.
Non si può perdere tempo: chi “perde tempo” inizia ad appartenere ad una parte di società che non produce, che non alimenta il macchinoso ed incessante procedere di questo freddo meccanismo.
Un meccanismo che sempre più inizia a cedere sotto il peso dell’incubo della cosidetta “crisi” economica che sebbene abbia creato enormi disagi e costringa molte famiglie a fare sforzi sovraumani, ha la sua “altra-faccia-della-medaglia” che ha costretto moltissimi inevitabilmente a fare i conti non più con cosa possedevano ma con cosa gli è rimasto e scoprirne il vero valore.
“Chi si ferma è perduto, risucchiato, annientato: non vale nulla”, sembra urlare forte e chiaro la voce di una società che sta arrivando al suo capolinea o peggio ancora a schiantarsi contro il muro dell’inevitabile confronto con se stessa troppo a lungo evitato che potrebbe portare al suo inevitabile suicidio.
Se per un attimo, prima di schiantarci e di arrivare laddove la riemersione sarebbe molto più dolorosa e faticosa invece immaginassimo una semplice cosa: il luogo in cui viviamo ci appartiene.
Cosa accadrebbe?
Se aprissimo gli occhi e ci rendessimo conto di far parte di un intero popolo che vive su questo pianeta, e che ha a disposizione (fino a prova contraria) una sola occasione di esistere e vivere su questa terra, io credo che qualcosa cambierebbe.
Di colpo apriremmo gli occhi e ci renderemmo conto la fatica di averli tenuti chiusi per chissà quanto tempo rincorrendo ciecamente uno scopo, un fine, non dettato dalla voce più profonda che ci abita intimamente, ma da chissà quale altra voce che un giorno ci disse “E’ così che va il mondo, devi fare questo e questo altrimenti non ne fai parte”, mentre in realtà  già respirare ed esistere vuol dire fare parte del mondo.
Io credo profondamente che soltanto iniziando ad ascoltare quel respiro che ci abita e rendendoci conto che in realtà è tutto quello che conta si possono compiere imprese veramente grandiose.
Per grandiose intendo tutte quelle imprese che celebrano e riconoscono questo passaggio sulla terra in armonia con il proprio universo intimo: trovare il modo di accordare l’interiore e l’esteriore.
Non c’è separazione, non c’è scissione, non può più esserci incomunicabilità:  quella scatola di specchi va rotta, e per farlo è necessario andare fuori da se stessi per poi specchiarsi nell’altro invece che nella gelida superficie specchiata del narcisismo e dell'ego-centrismo,   prenderlo per mano e lasciarsi prendere per mano (robetta da nulla..).
E’ un duro lavoro, ma che secondo me non si esplica in un risultato, ma nel tentativo stesso di raggiungerlo. L’equilibrio non è statico, è movimento.
Gli abitanti delle città sono come animali cresciuti in cattività, nati in un ambiente ricostruito e che lontanamente ricorda il loro luogo d’origine. A volte capita loro di osservare il cielo “ a quadrati”, tra un palazzo ed un altro (o peggio un grattacielo ed un altro) e sentire un vago sentimento nostalgico che con voce calda e amorevole sussurra all’animo dell’ignaro “ il cielo è molto più vasto di quello che vedi”.
Quando sento questa voce, oramai ho imparato a riconoscerla, immediatamente mi rendo conto che devo tornare li dove posso fermarmi, piantare i piedi nella terra in mezzo ad un campo e tendere le braccia al cielo contemplando la sua vastità. E’ per me una chiamata sempre più esigente, più presente che non posso ignorare. Ho imparato così a ritagliarmi momenti in cui poter fermarmi e apprezzare, ricordare che esisto a prescindere da ciò che faccio, che la natura è qualcosa di più grande di un triste albero piantato in un quadratino di terra in mezzo all’asfalto su lungo Tevere, e che si può respirare l’aria a polmoni aperti senza rischiare di essere intossicati.
L’adattamento umano è qualcosa di veramente stupefacente ed è ciò che ci permette di poterci “abituare” a quasi ogni tipo di situazione.
L’intelligenza è la più alta forma di adattamento diceva qualcuno e senza dubbio gli esseri umani possiedono questa incredibile facoltà.
Purtroppo non sempre è benefica, ci si può adattare, abituare anche a qualcosa che è estremamente dannosa e distruttiva. L’essere umano ha una capacità di sopportazione infinita: se convinciamo la nostra mente di qualcosa che volgiamo essa ci porterà là dove avevamo deciso, ci proverà in tutti i modi. L’ostinazione, la sete di successo, di conquista, di potere non viene placata fino al momento in cui si raggiunge l’oggetto del desiderio che una volta raggiunto viene divorato ma che troppo in fretta dimenticato e scartato, passando al successivo.  Nell’affannosa ricerca non ci si ferma mai a raccogliere pezzi di sé disseminati ed abbandonati  per strada, perché crediamo che appesantiscano la nostra corsa: in essi credo sia celato il segreto che ci può condurre ad un esistenza ricca di reali conquiste. Pensiamo che la corsa sia fuori di noi, verso qualcosa, per raggiungere una meta concreta tangibile, sfruttabile. Mentre troppo poco spesso ci si rende conto che l’unica strada che è necessaria e vitale percorrere è quella dentro noi stessi.
In realtà credo che arriva quel momento per ognuno, in molti casi è soltanto un momento: un balume, un’intuizione e  si aprono velocemente gli occhi. Ci vuole del tempo per abiuarsi alla luce e se questo avviene troppo tardi si rischia di danneggiare la retina, oppure di non riuscire a vedere tutti i colori e preferire per questo richiudere gli occhi e tornare ad un’esistenza “protetta”.
Per questo alleniamoci ad aprirli il prima possibile per riucire ad acquistare quell’allenamento che può farceli aprire con frequenza sempre maggiore.
Oggi apro gli occhi e mi sveglio: fuori dalla finestra vedo colline verdi, campi coltivati. Il cielo è coperto e sembra lì lì per piovere. Il silenzio è interrotto dai voli disordinati delle rondini che cinguettano e si rincorrono sfruttando le correnti d’aria calda primaverili ricordandomi che per quanto il tempo potrà peggiorare siamo in una stagione mite.
Sogno un giorno di potermi sentire con i piedi sulla terra e le braccia tese al cielo anche laddove il cielo non lo vedo e la terra non la sento: raggiungere quella consapevolezza inespugnabile di esistere ovunque e comunque vada.
Dentro di me una profondissima e ritrovata pace finalmente inizia a farsi spazio.
Respiro.

Citta della Luce, Ripe, Marche.

2 commenti:

  1. Esitono i luoghi dell'Anima... ma a volte anche i luoghi hanno un'anima. Anzi, quasi sempre i luoghi hanno un'anima. E quando la tua si riconosce nell'Anima di quel luogo, si sta particolarmente bene.

    RispondiElimina
  2. ..a volte la mia anima si riconosce in un tempo diverso da quello che vivo. Allora chiudo gli occhi e incontro chi in questa vita mi è sfuggito dalle mani.

    RispondiElimina

Archivio blog