Quando si vive in una grande città ci si dimentica che la
vita scorre in modo molto diverso da quello che si crede. Ci sono luoghi in cui
è possibile ritrovare questa dimensione e credo che sia di fondamentale
importanza recarvici il più spesso possibile per mantenere viva quella
sensazione e non lasciare che sfumandosi diventi un ricordo sempre più lontano
e venga poi fagocitato dalla quotidianità con tutto il resto.
Sono approdata in uno di quei luoghi, uno di quelli a me più
cari e finalmente inizio a sentire che le lunghe mareggiate che hanno
recentemente invaso il mio corpo e la mia anima cominciano a placarsi, molto lentamente.
Non è il luogo che fa la differenza: ho sempre creduto che
se si riesce ad avere una tale centratura con se stessi ed equilibrio è
possibile vivere ovunque. Fatto sta che però esistono alcuni luoghi in cui
tutto questo è facilitato, dove l’unica strada da percorrere è quella che ti
conduce all’essenzialità dell’essere. In questi luoghi non ci sono strade
affollate, traffico inverosimile, asfalto sopra e sotto, semafori che
lampeggiano, aria irrespirabile, spostamenti aggravati dall’impossibilità di
trovare un parcheggio, file nei negozi per comprare, consumare, per non parlare
poi dei rapporti con gli altri esseri umani. Nelle città sembrano tutti presi
da progetti che riguardano solamente la propria individualità e interesse
personale: ognuno chiuso in quella piccola scatola fatta di quattro mura di
specchio che riflette soltanto l’immagine di se stessi con la quale diventa sempre
più difficile confrontarsi, ma che ogni giorno sembra essere l’unico
riferimento e appiglio per andare avanti.
Non si può perdere tempo: chi “perde tempo” inizia ad
appartenere ad una parte di società che non produce, che non alimenta il
macchinoso ed incessante procedere di questo freddo meccanismo.
Un meccanismo che sempre più inizia a cedere sotto il peso
dell’incubo della cosidetta “crisi” economica che sebbene abbia creato enormi
disagi e costringa molte famiglie a fare sforzi sovraumani, ha la sua “altra-faccia-della-medaglia”
che ha costretto moltissimi inevitabilmente a fare i conti non più con cosa
possedevano ma con cosa gli è rimasto e scoprirne il vero valore.
“Chi si ferma è perduto, risucchiato, annientato: non vale
nulla”, sembra urlare forte e chiaro la voce di una società che sta arrivando
al suo capolinea o peggio ancora a schiantarsi contro il muro dell’inevitabile
confronto con se stessa troppo a lungo evitato che potrebbe portare al suo
inevitabile suicidio.
Se per un attimo, prima di schiantarci e di arrivare laddove
la riemersione sarebbe molto più dolorosa e faticosa invece immaginassimo una
semplice cosa: il luogo in cui viviamo ci appartiene.
Cosa accadrebbe?
Se aprissimo gli occhi e ci rendessimo conto di far parte di
un intero popolo che vive su questo pianeta, e che ha a disposizione (fino a
prova contraria) una sola occasione di esistere e vivere su questa terra, io
credo che qualcosa cambierebbe.
Di colpo apriremmo gli occhi e ci renderemmo conto la fatica
di averli tenuti chiusi per chissà quanto tempo rincorrendo ciecamente uno
scopo, un fine, non dettato dalla voce più profonda che ci abita intimamente,
ma da chissà quale altra voce che un giorno ci disse “E’ così che va il mondo,
devi fare questo e questo altrimenti non ne fai parte”, mentre in realtà già respirare ed esistere vuol dire
fare parte del mondo.
Io credo profondamente che soltanto iniziando ad ascoltare
quel respiro che ci abita e rendendoci conto che in realtà è tutto quello che
conta si possono compiere imprese veramente grandiose.
Per grandiose intendo tutte quelle imprese che celebrano e
riconoscono questo passaggio sulla terra in armonia con il proprio universo
intimo: trovare il modo di accordare l’interiore e l’esteriore.
Non c’è separazione, non c’è scissione, non può più esserci
incomunicabilità: quella scatola
di specchi va rotta, e per farlo è necessario andare fuori da se stessi per poi
specchiarsi nell’altro invece che nella gelida superficie specchiata del narcisismo e dell'ego-centrismo, prenderlo per mano e lasciarsi prendere per mano
(robetta da nulla..).
E’ un duro lavoro, ma che secondo me non si esplica in un
risultato, ma nel tentativo stesso di raggiungerlo. L’equilibrio non è statico,
è movimento.
Gli abitanti delle città sono come animali cresciuti in
cattività, nati in un ambiente ricostruito e che lontanamente ricorda il loro
luogo d’origine. A volte capita loro di osservare il cielo “ a quadrati”, tra
un palazzo ed un altro (o peggio un grattacielo ed un altro) e sentire un vago
sentimento nostalgico che con voce calda e amorevole sussurra all’animo
dell’ignaro “ il cielo è molto più vasto di quello che vedi”.
Quando sento questa voce, oramai ho imparato a riconoscerla,
immediatamente mi rendo conto che devo tornare li dove posso fermarmi, piantare
i piedi nella terra in mezzo ad un campo e tendere le braccia al cielo
contemplando la sua vastità. E’ per me una chiamata sempre più esigente, più
presente che non posso ignorare. Ho imparato così a ritagliarmi momenti in cui
poter fermarmi e apprezzare, ricordare che esisto a prescindere da ciò che
faccio, che la natura è qualcosa di più grande di un triste albero piantato in
un quadratino di terra in mezzo all’asfalto su lungo Tevere, e che si può
respirare l’aria a polmoni aperti senza rischiare di essere intossicati.
L’adattamento umano è qualcosa di veramente stupefacente ed
è ciò che ci permette di poterci “abituare” a quasi ogni tipo di situazione.
L’intelligenza è la più alta forma di adattamento diceva
qualcuno e senza dubbio gli esseri umani possiedono questa incredibile facoltà.
Purtroppo non sempre è benefica, ci si può adattare,
abituare anche a qualcosa che è estremamente dannosa e distruttiva. L’essere
umano ha una capacità di sopportazione infinita: se convinciamo la nostra mente
di qualcosa che volgiamo essa ci porterà là dove avevamo deciso, ci proverà in
tutti i modi. L’ostinazione, la sete di successo, di conquista, di potere non
viene placata fino al momento in cui si raggiunge l’oggetto del desiderio che
una volta raggiunto viene divorato ma che troppo in fretta dimenticato e
scartato, passando al successivo.
Nell’affannosa ricerca non ci si ferma mai a raccogliere pezzi di sé
disseminati ed abbandonati per
strada, perché crediamo che appesantiscano la nostra corsa: in essi credo sia
celato il segreto che ci può condurre ad un esistenza ricca di reali conquiste.
Pensiamo che la corsa sia fuori di noi, verso qualcosa, per raggiungere una
meta concreta tangibile, sfruttabile. Mentre troppo poco spesso ci si rende
conto che l’unica strada che è necessaria e vitale percorrere è quella dentro
noi stessi.
In realtà credo che arriva quel momento per ognuno, in molti
casi è soltanto un momento: un balume, un’intuizione e si aprono velocemente gli occhi. Ci
vuole del tempo per abiuarsi alla luce e se questo avviene troppo tardi si
rischia di danneggiare la retina, oppure di non riuscire a vedere tutti i
colori e preferire per questo richiudere gli occhi e tornare ad un’esistenza
“protetta”.
Per questo alleniamoci ad aprirli il prima possibile per
riucire ad acquistare quell’allenamento che può farceli aprire con frequenza
sempre maggiore.
Oggi apro gli occhi e mi sveglio: fuori dalla finestra vedo
colline verdi, campi coltivati. Il cielo è coperto e sembra lì lì per piovere.
Il silenzio è interrotto dai voli disordinati delle rondini che cinguettano e
si rincorrono sfruttando le correnti d’aria calda primaverili ricordandomi che
per quanto il tempo potrà peggiorare siamo in una stagione mite.
Sogno un giorno di potermi sentire con i piedi sulla terra e
le braccia tese al cielo anche laddove il cielo non lo vedo e la terra non la
sento: raggiungere quella consapevolezza inespugnabile di esistere ovunque e
comunque vada.
Dentro di me una profondissima e ritrovata pace finalmente
inizia a farsi spazio.
Respiro.
Citta della Luce, Ripe, Marche. |
Esitono i luoghi dell'Anima... ma a volte anche i luoghi hanno un'anima. Anzi, quasi sempre i luoghi hanno un'anima. E quando la tua si riconosce nell'Anima di quel luogo, si sta particolarmente bene.
RispondiElimina..a volte la mia anima si riconosce in un tempo diverso da quello che vivo. Allora chiudo gli occhi e incontro chi in questa vita mi è sfuggito dalle mani.
RispondiElimina