sabato 11 agosto 2012

Cronache di un Agosto sterilizzato # 1


E con oggi si apre un nuovo capitolo  di questa avventura, con il nome di “Cronache di un Agosto sterilizzato” e che continuerà fino alle prossime settimane di degenza in sterilità.
Stamattina sbattendo la porta è entrata l’infermiera napoletana, con un tono di voce di qualche decibel di troppo per le 7 del mattino, chiedendomi se stanotte mi fossi sognata Raul Bova o Raz Degan (lontani infiniti anni luce dalle mie fantasie sessuali).  Dopo avermi tramortita da questo pensiero pieno di testosterone, forse un po’ troppo invadente,  si avvicina ad un enorme macchina bianca e verde che è rimasta silenziosa per la prima settimana, ed spingendo una levetta l’ha messa in funzione. Con affannoso accendersi la macchina ha iniziato a fare il suo dovere, producendo aria sterilizzata e rumore simile al motore di un grosso peschereccio pronto per salpare in mare.
Perfetto, mi mancava soltanto il motore, adesso sono veramente pronta.
Le giornate proseguono senza farsi sentire troppo, e apprezzo il loro timido e discreto incedere. Mi sento protetta da questa discretezza estiva, da questa “sospensione dai lavori”, dal cessare delle aspettative produttive.
In queste settimane c’è la corsa all’accaparrarsi il posto al sole, lo scoglio  più vicino al tuffo,  affittarsi ogni cosa, essere li dove bisogna essere, in quel momento, in quella festa. Ogni sera ci sono milioni di persone che stanno aspettando una festa dove partecipare, un occasione di ritrovarsi, di perdersi e di un po’ di divertimento. Qualcuno andrà proprio a quella festa per cercare quella persona, contribuendo al gioco della seduzione di sempre. Immagino cosa siano stanotte le spiagge del Salento, le feste in spiaggia, i falò, i concerti, il caldo e i piedi scalzi. Qualcuno ballerà sotto un vulcano sulle isole Eolie, qualcun altro, sperduto in mezzo ad un bosco in una tenda guarderà le stelle cadere stretto al cuore della sua amata\o giurandosi amore eterno finché dura.
C’è chi invece torna a casa magari nel sud d’Italia, (molti anche nord e centro), dalle grandi città, per ritrovarsi coccolato e nutrito a dovere dalla famiglia che non aspetta altro che inondare il povero o la povera malcapitata di tutte le cure che gli ha dovuto sottrarre sempre troppo prematuramente, ma ricordargli anche che in qualunque modo sia il modo la fuori c’è sempre il posto della cuccagna ad aspettarlo grondante di coccole e cibo strepitoso.
Ci sarà qualcuno che dormirà su una barca in mezzo al mare, con solo le luci del cielo, ascoltando una musica lontana magari tra le coste delle Grecia.
Immagino poi invece quelle famiglie da last second, che sicuramente avranno anche loro come me la casella email intasata di newsletters improbabili di ogni sorta di last second e avranno deciso di tentare la sorte, arrivare così  in qualche posto all-inclusive dove possono finalmente smettere di preoccuparsi per qualche giorno del consumarsi della vita e immaginarsi come sarebbe disporre di cibo illimitato.
E poi ci sono gli sportivi, anche loro, in fila per accaparrarsi la loro settimana di “libertà” e di partenza fuori dalla routine, per poi poter tornare a settembre e raccontare della loro incredibile impresa in bicicletta tra il passo del piccolo e grande san bernardo e di quel giorno memorabile in cui hanno avvistato un falco proprio vicino al sentiero di campagna.
Bene forse sarò ancora sotto gli effetti del musical di ieri sera, Mamma Mia!, che ogni volta che lo vedo mi proietta in quelle emozioni da film americano da favola a lieto fine patinata, ma è così che mi immagino questo Agosto, l’occasione per potersi vivere un degno lieto, non per forza sfarzoso, ma godereccio.
A modo mio dalla mia cellula sterilizzata e sterilizzante, che mi permette di vedere la realtà come un mix tra un film surreale e ricordi del mio passato, mi sto godendo questo meritato agosto di sosta. E mentre tutti occupano un qualche spazio da qualche altra parte, mi piace occupare quello spazio invece rimasto vuoto in città e nei pensieri. Mi allargo ed espando in questo vuoto come un enorme pozza d’acqua senza confini ed esploro ogni lembo di nuovo  territorio e imparo a stare in luoghi spendidamente sconosciuti.
Chiudo gli occhi e scorrono nella mia mente le immagini di Meryl Streep in Mammamia! , che ieri sera ha tanto molestato i miei compagni di corridoi per i toni troppo alti della riproduzione e mi viene da ridere.
Immagino le loro facce inorridite nelle stanze risvegliarsi sobbalzando nel cuore della notte ai ritmi di “You can dance, You can fly, Having the time of your life” , oppure “Sooper Trooper”, domandandosi per un attimo se per caso fossero finiti nel mezzo di qualche sagra  improvvistata.  E più immagino i balletti del musical e più l’incongruenza con la situazione e non posso altro che pensare a come sarebbe stato spettacolare aver assistito ad scena da musical in ospedale, uscire dalla mia stanza, veder spalancate tutte quelle porte che rimangono tutto il giorno ermeticamente chiuse, e sorprendere una fila di venti persone in pigiama, con tanto di flebo attaccate, uscire dalla stanza fare una piroetta e cantando all’unisono una canzone degli Abba con tanto di coreografia.
Un sogno.
Per oggi è tutto.
Passo e chiudo. 



colei che si occupa di tenere l'aria ben sterilizzata. 

domenica 5 agosto 2012

universi di possibilità

Ho trovato il modo di mettere il letto tale da avere le gambe in alto e la schiena dritta. Mi sento come rannicchiata in una confortevole duna di materasso, accovacciata. Se qualcuno entrasse adesso, si chiederebbe se sto tentando di rimanere incastrata e soffocarmi nella morsa delle molle del letto elettrico-extra-lusso che sembra un premio concesso per essere arrivata fino a qui. Il gioco diventa più intenso, ma ci sono gratificazioni più elevate.
Ritorno all'immagine di me dentro il sandwich-materasso e mi viene poi da ridere se penso alla faccia di qualche infermiere che potrebbe ridere di me. Sono buffa, lo so e mi piace. 
Mi lascio andare e mi rilasso. Ho messo di sottofondo una musica meravigliosa, (concerto per piano di Mozart) e mi conduce a esplorare dove altro potrei essere qui, o chi vorrei essere.
Penso che questa esperienza d’isolamento sia un dono dal cielo. 
Troppe poche volte, durante la vita quella "fuori", ci si chiede chi si vuole essere e si finisce sempre per seguire influenze esterne. Adesso qui, ora mi concedo di poter esplorare universi possibili di me. Mi cerco di far portare da influenze interne. E' un po' come recitare credo. Mi sento estremamente libera, libera di poter osservare. E' tutto più intenso qua dentro, perché sono costretta a muovermi di meno, mi hanno relegato dentro quattro mura, attaccata ad un tubo che mi infonde acqua e non devo pensare al mio sostentamento, ai miei obiettivi, alla mia vita-fuori-da-qui. L'unico e semplice obiettivo è la guarigione. Punto. 
Facile, essenziale, spiazzante.
La cosa più difficile nella vita a volte sembra essere, comprendere quello che vogliamo, sopravvivere nell'impressionante giungla del "devi essere", "vuoi essere", "puoi essere", "non puoi essere", "cosa vuoi?", "cosa non vuoi?”.
Bene, lo ammetto, forse mi sono incastrata in una trappola. 
Forse è più facile stare qui segregata ad immaginarmi universi possibili di realtà, prendermi una pausa.
Come sempre lascio la musica portarmi lontano e questa volta mi riporta non troppo lontano. A pochi giorni fa. Sapevo che quel momento lo avrei dovuto stampare nella mia memoria.
Ero sulla spiaggia, bianchissima, sembrava di stare in un dépliant patinato che ti rifilano nelle agenzie di viaggio, quelli che hanno lo stesso odore da sempre.
Per evitare che nella mia memoria rimanesse impresso un ricordo da agenzia di viaggio, sulla spiaggia intenta ad assorbire con ogni atomo di me stessa quei dettagli che mi sarebbero tornati preziosissimi, già lo sapevo.
Adesso se voglio, chiudo gli occhi, e sono di nuovo lì.
Il mio letto-duna diventa così una vera e propria duna di sabbia, e mi ricordo improvvisamente che proprio, lì su quella spiaggia avevo scavato una buca per stare esattamente in questa posizione.
Avevo il sole sul viso, sul corpo e il mare alle mie spalle batteva ad intervalli regolari un onda leggera, tipica di un mare non troppo mosso. Non lo potevo vedere, ma lui stava dietro di me, immenso e così blu.
Adoro quando il mare non è troppo mosso, quando è calmo ma non del tutto e ricorda la sua presenza con un onda flebile. Se voglio, sono lì.
La realtà è così inafferrabile a volte che è meglio prenderne ben nota una volta che si vive. Nutrirsi di ogni attimo che scorre, per poi potersene immergere quando più si vuole, uno dei miei passatempi preferiti.  
Mi perdo in universi di possibilità che si aprono ai miei occhi, lo so sto vagando con la mente, mi piace fuggire, immaginarmi in mille sfumature diverse. Ma forse questo è sempre accaduto. Adesso però mi sento legittimata. E mentre sfoglio quante cose diverse posso essere, prendo appunti.
Per oggi, è tutto, o quasi, anzi pochissimo, ma abbastanza per la mia apertura verso l’esterno.
C’è una parte di me molto severa, che non apprezza questa faccenda del blog. Pensa che sia soltanto un’espressione spudorata di vanità.
Per stasera la metto a tacere e sprofondo nella mia duna-materasso.




mille sfumature di me





sabato 4 agosto 2012

Silenziosamente

Silenziosamente torno a scrivere il blog.
Avevo quasi pensato di abbandonare (non è vero sto mentendo), ma adesso non posso continuare a non raccontare quello che di incredibile mi sta accadendo.
Questo strumento è più che altro estremente utile per affrontare situazioni che hanno bisogno di parole, per evitare che con la testa si complichino.
Quante volte ci si complica la vita immaginandosi e precedendo la realtà.
Adesso che sono finalmente ricoverata, (si finalmente, perchè se c'è qualcosa che odio e mi rende nervosa quanto aspettare senza sapere quanto per favore vorrei scoprirlo almeno posso iniziare ad aspettare senza irritarmi) e sono tornata dentro il galeone delle mille peripezie, qualcosa dentro di me si è calmato. Mi sento il sangue freddo come quello di una lucertola e la concentrazione di un monaco tibetano. Sono arrivata all'ultimo livello, mostro finale. Ho raggiunto le sembianze di un super-sayan (personaggio dei cartoni animati che cambia sembianze quando diventa più forte, in particolare i capelli gli diventano dorati, ed io adesso sono inspiegabilmente bionda), e tra poco inizio a sparare palle di fuoco dalla bocca come un drago.
Insomma, c'è da spaventarsi, sul serio.
Gli infermieri continuano ad entrare e mi chiedono in continuazione se è una parrucca, ma io continuo a dire loro che ho sbagliato shampoo ed eccomi qui: versione punkabbestia anni '80.
Ma quando si tratta di una prova finale, non c'è più spazio per i giochi, si fa sul serio.
Sonoi qui, nella stanza 725 (sempre al settimo piano, o settimo cielo come mi piace più pensare), dell'ospedale Regina Elena, che oramai da disumano che era è diventato un posto quasi piacevole dove soggiornare. Almeno per i primi giorni, poi forse alla 4 settimana cambierò idea. Per ora mi godo la sensazione di freschezza del cambiamento di habitat, di temperatura, spazio. Anche se i miei tempi di adattamento sono super veloci, qui hanno bisogno di un po' più di tempo per sentirmi a casa: d'altronde sono pochi gli ospedali umanizzati, per quanto paradossale sia.
Sono perciò pronta ad affrontare queste ultime cure, forse le più impegnative, ma che mi permetteranno di dire "adios" alla mia identità di linfomane. Sono pronta ad abbandonarla, e a riprendermi la mia (quale ancora non ho ben deciso).
Ma per farlo pare che io debba rinascere a nuova vita, hanno in programma i medici una sorta di "rinascita cellulare assistita", si chiama autotrapianto di cellule staminali, ma io preferisco il termine "rinascita". In pratica mi autoricostruisco il sistema immunitario e sanguigno da sola, con le mie risorse. Io rimango sempre la stessa, ma cancellano tutti i file. Un po' come quando si formatta un computer, si cancella tutto, ma si mantengono i programmi. Forse non è un caso che passerò il mio compleanno qua dentro, e non sono affatto triste per questo, anzi trovo che sia un occasione incredibile. Ho anche intenzione di darmi un nuovo nome, chissà se si può all'anagrafe. Continuo seriamente a crederlo, e se verrò presa per una folle che rifiuta la realtà, ben venga, intanto mi godo questa preparazione. D'altra parte chi non vorrebbe rinascere però avere già un corpo da "adulto" e non dover aspettare tutti quegli anni per permettersi di assumere una presenza fisica degna di un riconoscimento sociale?
E' tardi qui dentro, soprattuto per chi ha cenato alle sette di sera e perciò mi dedicherò all'attività più importante in tempi di battaglie: sano riposo.

super sayan

venerdì 3 agosto 2012

Pensi che sia una bella giornata oggi?


Attraversando intervalli di tempo che diventano sempre più lunghi, finalmente arrivata alla soglia di una nuova battaglia, mi guardo indietro e osservo la strada percorsa.
L'entusiasmo che mi accompagnava e tingeva di colori sempre più sgargianti la realtà intorno a me si è affievolito, e i colori tornano ad avere le loro tonalità. Il rosso è rosso, il verde è verde e il blu è blu. Non vedo più pallini, fiorellini, farfalle che volano e animano tutto ciò che mi circonda (no, non mi drogo, se questa è la domanda che può sorgere spontanea).
Oggi, soltanto per oggi, osservo le cose per come sono.
Respiro in questi momenti di estrema lucidità.
Mi rendo conto di quanto a volte sia facile voler vedere la realtà in un altro modo, colorarla, immaginarla diversa. Capisco anche quanto questo possa essere pericoloso; come può essere pericoloso e ingannevole vedere la realtà priva di colori, oppure soltanto di un colore. Io ho sempre preferito l’effetto “multicolor”, il problema è che l’effetto passa in fretta, e sembrano i colori essere la cosa più interessante, ci si dimentica delle forme.
Apro gli occhi stamattina e scopro una realtà più sobria, più consapevole, più lucida.
Forse meno ammaliante e seducente.
Guardo ancora meglio la Realtà e la vedo improvvisamente materializzarsi sotto forma di una donna, seduta ad un tavolino di un elegante bar, vestita con un taglieur blu molto distinto, una messa in piega perfetta, impegnata a leggere un giornale di attualità. Emana da ogni poro della sua pelle e da ogni suo gesto così estremamente consapevole, indizi che fanno pensare a chi la vita l’ha attraversata. Ha qualche segno del tempo sul viso, non è più così giovane, ma non per questo appassionata e intrigante. Se la guardo attentamente ha un fascino magnetico, quell’eleganza che non colpisce al primo sguardo, ma che ti fa girare una seconda volta per guardarla un po’ meglio. Quell’elegante bellezza che non si dimentica facilmente, ma che non stordisce i sensi, anzi li affina. Ecco che improvvisamente alza la testa, rivelando due occhi blu profondi come il mare, e uno sguardo deciso,  guarda nella mia direzione e mi fa cenno di avvicinarmi a lei. Mi sento impacciata, timida, la sua presenza però, misteriosamente, mi tranquillizza immediatamente. Ogni cosa che fa, la fa come se fosse la cosa più naturale al mondo, e con la stessa semplicità con la quale adesso solleva la tazzina del caffè che sta bevendo, mi guarda negli occhi e mi chiede : "Pensi che sia una bella giornata oggi?". Ed io imbarazzata per questa domanda, di cui la Realtà dovrebbe sapere meglio di me la risposta, quasi infastidita, le rispondo: "Penso che lei lo sappia meglio di me che razza di giornata sia oggi!".
La realtà, divertita da questo mio atteggiamento, si mette a ridere e mi risponde "Io non posso sapere cosa i tuoi occhi vogliono vedere. Io vedo una giornata e basta". Velocemente ordina il conto, mi saluta sobriamente, e si allontana passeggiando per le vie di Roma con un andatura sicura e umile allo stesso tempo.
Sono esterrefatta, non capisco proprio di che razza di realtà si tratti, mi ha lasciato sola a questo tavolino, con il conto da pagare, un caffè che si sta freddando e come se non bastasse risentita e infastidita. "Io vedo una giornata e basta", ma che risposta è?
Alzo lo sguardo verso il cielo che oggi è azzurro e sembra appena verniciato, mi sento persa, la Realtà mi ha abbandonata senza darmi una risposta ed io mi sento peggio di prima perché di nuovo ho lasciato che qualcun altro possa aver influito sul mio umore.
Adesso non me lo posso permettere, non ora.
Lascio che tutte le mie energie si focalizzino per mantenere un equilibrio che mi permetta di rispondermi a quella domanda e lascio che quello che è appena accaduto mi rimanga per la testa senza una risposta.
A volte è bello anche così.






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