Quando la neve cade lo fa senza rumore, si deposita lentamente su tutto ciò
che trova e lo trasforma.
Ci sono popolazioni che sono abituate a vivere con la neve, hanno gli occhi
pieni del suo colore, la pelle abituata alla sua consistenza, il naso sempre freddo. Indossano abiti consoni, si muovono con
destrezza tra i ghiacci e insegnano ai loro figli come spalare la neve davanti
casa.
In alcuni posti invece arriva una volta ogni venti anni e quanto questo accade è qualcosa che non
si dimentica facilmente, diventa mito, leggenda, simbolo.
Quando accade un imprevisto, un eccezione, tutto è possibile, tutto diventa
possibile se si vuole.
Adoro quando la realtà ci porta al di fuori degli schemi comuni.
Ci si ritrova così in macchina, con le catene, su quello stesso asfalto che
d'estate brucia soltanto a guardarlo, a Roma, e accanto a te una signora
vestita da montagna di tutto punto con tanto di sci, e ci si chiede se per caso
si è finiti in un film di Fellini.
Si osservano fenomeni del tipo "abbandono la macchina a caso", che
si prolunga finchè la neve non si
è sciolta definitamente. Surreale
attraversare intere strade con macchine ammucchiate ai lati, la sensazione è di
essere gli ultimi sopravvissuti all’apocalisse.
C'erano anche quelli della
serie "cammino in mezzo alla strada per non scivolare e vengo travolto da
una macchina che sbanda” , fenomeno che prolungato anche dopo lo scioglimento
della neve, tanto ci avevano preso gusto.
I più belli erano come al solito i bambini, ma devo dire che la neve a Roma
può riportare tutti quanti nel loro mondo anche per poco: impossibile resistere
alla tentazione di raccogliere un po’ di neve e tirarsela, solo il fatto di pensarlo determina l’esperienza
di regressione.
I più romantici invece hanno lasciato le loro tracce : cuori, dichiarazioni
d’amore, come si fa sul
bagnasciuga della spiaggia, messaggi che hanno la durata di una mareggiata .
E per ultimo ma più importante: il silenzio. La neve si è depositata come un
enorme cappotto insonorizzante sulla città impedendo ogni rumore, se non quello
dello scricchiolare dei passi.
Un intera città paralizzata: messa ko da una misteriosa sostanza bianca, che
altro non è che acqua.
Sono stati giorni incantati,
sospesi, e io ne ho approfittato per fare una provvista di immagini e momenti
preziosi che mi serviranno per il rietro in battaglia. E' come se mi fossi
preparata per un letargo.
Si dice che gli orsi prima del letargo facciano una bella scorta di salmoni
che serviranno loro per poi affrontare il periodo di lungo riposo. Ho così
corso questi giorni su e giù per il fiume in cerca dei salmoni più grossi, più
temerari e più coraggiosi dei quali nutrirmi prima di affrontare il lungo
“sonno”.
E’ stato bello uscire venerdì sera dopo l’annuncio del coprifuoco, con le
catene alla macchina, esplorare la città, la trasformazione di luoghi così
familiari impovvisamente nuovi e inesporati, ritrovarsi in un bar come in una
baita di montagna a sorseggiare vino rosso e fuori la neve che non smetteva mai
di scendere.
La neve caduta ha ricomperto ogni traccia, ogni sentiero già percorso e ha
così preparato il terreno per quello che dovrà avvenire.
La sensazione era quella di avere una tavolozza nuova, pulita, candida sulla
quale poter ricominciare a mischiare i colori e comporre un nuovo dipinto.
Oramai è tutta evaporata e atro non rimane che piccoli mucchietti di materia
inconsistente grigiastra ai bordi delle strade.
Dove è finita tutta quella neve?
Ci vuole così poco per dimenticare a volte, soprattutto quando si tratta di
eventi dei quali se ne parla così tanto.
La velocità della comunicazione, tutto facilita lo svanire veloce di ciò che
accade, la memoria si accorcia. La fretta di tornare alla normalità uccide il
momento di cambiamento in cui tanto può essere compreso. Se si è abili osservatori,
e se si sta imparando a coltivare la lentezza, si possono imparare a scorgere
le tracce di neve anche là dove non ci sono apparentemente e ci si può
accorgere che i fiocchi si sono depositati anche dentro l’anima in un posto
dove difficilmente potranno sciogliersi.
Considero sacro quello spazio, dove tutto è simultaneamente adesso, dove io
sono in ogni luogo, in ogni tempo e in ogni fiocco di neve sciolto.
Custodisco come un ogetto prezioso l’immagine di ciò che è stato, lo ritrovo nel mio corpo, nel mio
respiro, profondamente collegato. Io non sarei senza quella neve sciolta, sarei diversa, sento
e vedo i solchi dell’esperienza
che scavano il letto del fiume della vita.
Io sciovolo con lei, verso valle.
In un modo o in un altro tutti i fiumi devono
arrivare allo stesso mare.
sentire i fiocchi sciogliersi con calore della mano. |
...Viaggiando in posti che non riconoscevamo più,scorrevano scenari di un altro pianeta.Dentro un auto piena di "rumore",circondati da una bufera di silenzio,che fiocco su fiocco,uno su l'altro,anestetizzava ogni cosa...che la si potesse toccare,o solo sentire.
RispondiEliminaQualcosa da non poter dimenticare.E' stato bello esserci insieme.
Ciao FranZ!..."...No pain,no game..."