giovedì 14 giugno 2012

Lezioni di felicità #1


La felicità è una parola consunta da quanto è stata utilizzata, un po' come le parole cuore, amore, fiore, raggio di sole.
Una volta che si ripete tante volte una parola inizia  a perdere il suo significato, ci si concentra così sulla sua sonorità e sulla vibrazione delle corde vocali che producono con il passaggio dell’aria.
Se si prova poi a ripetere una parola tante volte ad alta voce, essa non sembrerà più una parola, ma uno strano e buffo verso, e chi la emette si sentirà di assumere piano piano le sembianze di un essere più vicino alla scimmia che all’uomo sapiens.
Insomma, le parole senza il loro significato sono semplici, inutili versi.
Felicità nell’immaginario di tutti è  spesso una parola che appartiene a quel'universo in cui la luce del sole è rosa, gli alberi sono sempre in fiore, le città sono piene di campi di girasole, si lavora un’ora al giorno, e gli uccellini rifanno il letto. In quest’universo le persone sono sempre gentili tra loro, si guardano con occhi a cuoricino, si dichiarano amore eterno ad ogni secondo e ognuno vive in totale equilibrio con tutto ciò che esiste.
Niente di più lontano dalla “realtà”.
Allora se veramente ci si vuole imbarcare in questa storia della felicità, è forse necessario come primo step iniziare a definirne il significato. 
Apro così il Grande Dizionario della Lingua Italiana (che sbuca fiero e autorevole dalla libreria proprio accanto a me) e dentro di me penso che è stata un’idea geniale e che potevo pensarci prima a cercare il significato della felicità sul dizionario, ma la mia esuberanza viene sgonfiata dal primo significato: 1. L’essere felice; stato o condizione di chi è felice.  Bene grazie mille, fino a qui ci arrivavo: iniziano ad insinuarsi i primi dubbi riguardo la semplicità di questo argomento.
Ecco allora risalgo alla parola precedente e alla voce “felice” trovo: detto di una persona, che ha piena contentezza d’animo, temporaneamente (sono felice di vederti) o in modo duraturo (pochi sono gli uomini felici a questo mondo); nel secondo significato equivale talvolta a “fortunato”.
La felicità secondo il dizionario sembra quindi essere qualcosa o di temporaneo e dipendente dall’incontro con qualcuno, oppure qualcosa di estremamente raro riservato a pochi fortunati.
Una tragedia insomma: verrebbe quasi voglia di gettare la spugna.
Ecco allora perché siamo tutti così un po’ affranti e lontani dal condurre delle esistenze felici: il nostro vocabolario della lingua italiana ci dice di associare alla produzione vocale della parola “felicità”, un significato di per sé così poco felice e in ogni modo molto distante da quell’universo rosa che si dipinge nella nostra mente all’udire di quella parola.
Che cosa è accaduto?
Dove è finito l’universo rosa che sognavamo sempre da bambini, in cui tutto era possibile e ogni essere umano coopera e collabora per il bene dell’altro in estrema gentilezza? Dove l’amore dura per sempre e non esistono inverni?
Io credo che tra l’universo rosa e la definizione del dizionario DeAgostini ci sia tutto un universo da scoprire.
Io non credo che la felicità sia temporanea e dipendente da un incontro con qualcuno e basta. Come non credo che sia qualcosa di irraggiungibile e riservato a pochi eletti.
Ma che cos’è veramente questa “contentezza d’animo” ?
La contentezza è il “sentimento intimo di chi è tranquillo perché pago del suo stato” (Cit. Dizionario).
La felicità ha quindi  a che fare con il riconoscere e sentirsi appagati del proprio stato esistenziale. Beh, roba facile (!!!), soprattutto di questi tempi. Chi si sente pago del suo stato?
Questa domanda recherebbe soltanto ennesima frustrazione.
Io credo che per parlare di felicità bisogna spostarsi dalla grammatica italiana alla fisica.
Immagino la felicità come una stazione radio, una frequenza, alla quale chi vuole si può sintonizzare e non è dipendente da nessuna condizione esterna, se non da una scelta consapevole interna, quella di viverla e di spostare la manopola della nostra radio finché non ci sintonizziamo sulla giusta stazione: un po’ come quando stiamo in macchina e cerchiamo quella stazione radio che ci piace tanto. E’ qualcosa di accessibile e alla portata di tutti, la cosa vera è però  che non tutti sanno dell’esistenza di questa “manopola” oppure seguono troppo alla lettera le definizioni di un obsoleto dizionario della lingua italiana.
Non voglio di certo dire che si può stare sintonizzati sempre sulla stessa frequenza radio, anche perché altrimenti che noia (!), ma credo fortemente che possiamo essere liberi di poter cambiare stazione molto di più di quello che crediamo.
Ovviamente ci sono momenti in cui la radio non prende, ci hanno rubato l’antenna, stiamo nel mezzo di una galleria, oppure nel mezzo di una tempesta, oppure ancora quel giorno non ci va di ascoltare la radio, oppure la pila è scarica o non c’è corrente.
Insomma la felicità tranne in alcuni casi di “forza maggiore”,  è proprio li davanti a noi e aspetta soltanto che ci sintonizziamo.

Mitica.

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